Capitolo 14: Novembre 2004

IL COMPLESSO BORGO MASINI DOVE HO LAVORATO: UN VERO ALVEARE DI ESCORTS!

Un’amica nel giro della prostituzione mi presentò A.C., un uomo quarantenne che da giovane si era prostituito anche lui e che continuava a vivere di questo mestiere, ora però sfruttando il lavoro di altre persone: infatti, possedeva un sito erotico dove faceva fare la pubblicità alle escorts e un appartamento in centro, che dava in subaffitto a noi ragazze per lavorarci, non essendo stato di sua proprietà.

Ma sin dal principio che lo conobbi mi parve un autentico stronzo poiché mi ebbe a chiedere se avevo dei figli nell’alludere al mio seno che in quel periodo non era stato più tanto tonico, e che lui vide in un momento in cui ero in désabillé; pertanto incalzai a mio seguito, domandandogli quanti anni mi avrebbe dato, con egli che mi rispose: «Boh… ne avrai 38!», quando allora ne avevo avuti solo 32 anni. All’epoca dei fatti che qui narro, in effetti, mi ritrovai ad essere stata, emotivamente parlando, alquanto, “sbattuta“, una volta che ritornai a vivere a Bologna da Molinella, poiché venivo al tempo, da un secondo ricovero psichiatrico coatto (TSO), durante il quale mi avevano fatto assumere degli altri psicofarmaci che mi avevano fatto ingrassare di un paio di chili, e che mi costrinsero ad una dieta drastica subito dopo. Pur tuttavia, la ripresa dell’attività di meretricio grazie ad A.C., mi restituì il mio buon umore avendo di nuovo ottenuto per mezzo della stessa, la mia benedetta indipendenza economica che mi permise di sganciarmi temporaneamente da quella famiglia, che era stata complice in qualche modo di quel regime forzato di terapia farmacologia, impostomi da certe figure di Istituzioni corrotte, avendomi voluta da ambo le parti “malata”, e che mi fece quindi cadere conseguentemente in uno stato di depressione. Fui però costretta a condividere l’appartamento di A.C con altre due donne poco più grandi di me, nel quale posto ci prostituivano tutte e tre contemporaneamente, anche se ognuna di noi lo faceva per conto proprio, essendo stato dotato di tre vani: F., genovese di 42 anni e N., sicula di 44 anni. I nostri rapporti inizialmente erano stati buoni, ma ogni giorno che passavamo in più, sotto lo stesso tetto, per poterci vivere e al contempo per poterci lavorare, li alterò progressivamente, soprattutto per la dimensione troppo ridotta di quell’alloggio in cui ci trovammo relegate a stare, che era stato infatti molto piccolo (60 mq) per tre donne insieme, benché molto bello e perfetto per ricevere i clienti. In questo immobile rimasi un solo mese, perché con l’incombere di quell’inverno che fu particolarmente freddo, era stato disagevole per me aver dovuto girare di continuo per casa mezza nuda, avendo voluto il Sig. A.C tenere basso il riscaldamento, da così ridurne al minimo le sue spese che egli si “decurtava” dal nostro affitto di 150.00 euro giornaliere. Quando affrontai direttamente la questione con lui, A. disse: «Se Carla ha freddo, che si metta un maglione!».

Dovetti rifare le valigie, nuovamente, per andare ad abitare provvisoriamente dal fratello venticinquenne di N., che lei mi presentò un pomeriggio che la venne a trovare qui da noi, e nella quale situazione ci piacemmo l’un l’altro fin dal primo istante. Stetti a casa sua non più di una settimana, poiché questo ragazzo si era convinto della falsa idea, che io mi continuassi a prostituire anche lì a casa sua, quando si recava al lavoro, a causa della carta igienica che in quel periodo consumavo abbondantemente, sia per il gran freddo che avevo avuto allora, sia per certi brutti pensieri che mi erano ritornati alla mente, dovuti a quella mia situazione economica particolarmente instabile; e che invece Steave attribuì il suo impiego, ad un presunto sciacallaggio per un proprio uso personale da parte di alcuni miei clienti. All’epoca, sempre attraverso la persona che mi allacciò ad A., strinsi parallelamente a queste conoscenze, un altro contatto con un ragazzo della mia età – già cliente di questa mia amica un po’ tardona – il quale, mi promise una casa tutta mia dove poter svolgere l’attività, avendo Stefano (questo, il nome del tal personaggio) dei legami d’amicizia con la tipa di un’agenzia immobiliare, che mi avrebbe “fatto bene” per suo mezzo tramite, naturalmente, se glieli avessi dati a lui i miei soldi che avevo fatto fino a quel momento, e che dovevano essere destinati per la casa. Gli anticipai il denaro dal Sig. A. guadagnati, di circa 1.800 euro che purtroppo non rividi mai più, assieme all’abitazione millantata, in quanto ad aver fatto da pseudo garanzia ad ogni cosa, era stata appunto quella mia vecchia amicizia che, costui, questa, me lo aveva fatto incontrare. E dalla quale personcina ritornai, poi, per avere delle spiegazioni di ciò, con costei – una tristissima e ruvida infermiera in pensione che riceveva i suoi clienti nella propria abitazione alla Cicogna (Bo), per arrotondare – che si limitò a dirmi: “Che cretino!“. Questo ragazzo, infatti, sembrava una brava persona e, chiunque, nella mia condizione di dover reperire urgentemente una sistemazione immediata, per via delle temperature gelide di quel periodo invernale particolarmente rigido in cui mi ritrovai a stare per strada, avrebbe per forze di cose messo mani al portafoglio; era stato sì rischioso da parte mia fidarmi in quella maniera tanto ingenua, ma quando sei disperata come lo ero stata io allora, ti illudi comunque più facilmente. Tornai a frequentare il Sig. E.M. per andare a convivere di nuovo da egli, ma stavolta in un semi-interrato a Quarto Inferiore (Bologna) sempre di sua proprietà, e che aveva da poco comprato vendendo un altro immobile (un garage in via Pasquali Alidosi). Tale unità abitativa, purtroppo, era ubicata vicino a quella di quattro albanesi molto rumorosi e sudici e che uno di loro, vidi successivamente, spesso, in piazza dei Martiri a Bologna a spacciare stupefacenti. E.M. russava, mentre gli stranieri ridevano fino a notte tarda; ma con tappi, cuffie da operaio e benzodiazepine riuscì ogni notte a trascinarmi fino all’alba. Feci una ventina di giorni assieme a E., che in quell’occasione si mostrò piuttosto riluttante rispetto alla questione di dovermi continuare ad ospitare; perciò, per pestarsi i piedi il meno possibile e dato che pure io ne reclamavo i miei spazi personali, ripresi durante il giorno a prostituirmi, ricevendo i miei clienti nel suo ex locale di via Pasquali Alidosi che teneva ancora, nella zona del Fossolo, avendone avuto da lui stesso le chiavi; e nel quale posto ci era andato pure E. a suo tempo, a dormire, per essere più vicino al lavoro, nel periodo durante il quale, ero stata sua ospite in quell’altro a Cà di Bazzone, e dove però lì, lui, aveva un contratto d’affitto.

Qui recuperai in sole due settimane il doppio dei soldi che mi aveva derubato Stefano. Però, qualcuno dello stabile si lamentò con E. (a suo dire) del via e vai in condominio, nonostante era posto questo locale al piano terra, e di conseguenza si fosse trovato in un contesto molto discreto, pertanto il mio meretricio, qui, non avrebbe dovuto disturbare assolutamente proprio nessuno; di conseguenza, da là me ne dovetti presto andare. Ma di questo fatto fui felice in realtà, aspirando allora, ancora, a un lavoro vero, verso il quale non mi ero definitivamente rassegnata del tutto dal non voler pretendere più. Ricominciai, quindi, col cercarmi un impiego serio, che trovai quasi subito: l’assistente per uno studio oculistico con uno stipendio mensile che si aggirava intorno agli 800-850 euro. Ma dopo aver superato i miei cinque giorni di prova, il mio amico iniziò a entrarmi in casa a Quarto Inferiore, dove ritornavo alla sera, puzzando egli selvaticamente, e anche quando si andava a fare la doccia, nell’uscirvi subito di seguito, proseguiva ad emettere cattivo odore. Pensai che dall’esterno qualcuno gli avesse detto di comportarsi in questo modo di proposito, per costringermi così ad andare via da lì e quindi per costringermi a cercarmi un altro alloggio, al fine di crearmi degli altri disagi, col nuovo lavoro che avevo appena ottenuto: della gran generosità di questo signore, difatti, avevo da sempre nutrito qualche sospetto. Dubbi, che in certi momenti in cui ho avuto a che fare con egli, poi, avevo fugati, dal momento che costui si comportò in più occasioni come un vero gentlement, per quanto non fosse mai stato tanto profumato; anche se alla fine della fiera, mi risolsi che dovesse essere stato certamente coinvolto pure questi in quel folle e crudele gioco nei miei confronti, assieme a tanti altri (F.M., A.C., Stefano, ecc.). Ad ogni modo, me la cavai per l’ennesima volta piuttosto bene, avendo trovato poco dopo, un buon contesto abitativo in cui andare a vivere.