Capitolo 15: Aprile 2005

L’appartamento che riuscì a trovarmi in cui poter alloggiare, aveva tre camere con ognuna un proprio balcone, oltre ad avere avuto naturalmente una cucina e un bagno in comune, da poter utilizzare insieme alle altre mie coinquiline, e il suo condominio, dove era situato l’immobile, contava circa sette, otto piani: ciascuno dei quali aveva una quantità considerevole di altre unità abitative come quella, tutte quante molto grandi e con ampi terrazzi; lo stesso stabile era ubicato in una zona cittadina molto verde, e tranquilla per la presenza di diversi parchi e giardini intorno, tra palazzi di pregio e caseggiati popolari nel quartiere Savena di Bologna; inoltre, tutto il connubio urbano risultava in ordine e ben pulito, ma anche ben distribuito per abitanti pro-capite, fra i tanti vanti della nostra città: l’abitalità, che ne fa una delle realtà demografiche d’Italia più ambite ove vivere! Le altre due ragazze che lo dovevano condividere con me detto alloggio, erano persone davvero molto educate e simpatiche, pertanto l’empatia iniziale che s’instaurò tra di noi sin da subito, m’incoraggiò ad inoltrarmi con una ritrovata fiducia in quest’ennesima avventura.

Quell’incantesimo magico, tuttavia si spezzò bruscamente non appena mi trasferì con tutte le mie cose nella mia nuova stanza, che quando la vidi per la prima volta, non presentava affatto alcun odore strano, ma di seguito al mio trasloco lì, dal suo interno, incominciò tutto ad un tratto, ed esclusivamente solo da questa camera, a propagarsi un odore quasi tossico, come il gas da cucina, per cui ogni volta che vi entravo, dovevo uscirne subito, poiché percepivo che era insalubre rimanervi dentro. Il fidanzato della ragazza che occupò prima di me quella stanza, e che incrociai un giorno nel venire questi a ritirare degli effetti di lei, che vi erano rimasti in essa, al posto suo, mi confermò dei miei sospetti: ovvero che quell’esalazione particolare, non ci fosse mai stata prima nel periodo in cui vi alloggiò, ella; questo fatto, in particolare, mi convinse ad andarmene dal tal posto, immediatamente, riuscendelo però a fare ciò, solo dopo qualche giorno, approffitando della cosa che l’inquilina che me l’aveva affittata era andata a dormire dal suo ragazzo in quel fine settimana, sistemandomi io quindi nella sua senza metterla al corrente, mentre l’altra ragazza era via da oltre una settimana, pertanto trascorsi l’intero week end completamente da sola in questo appartamento a cercare di rimuginare sul da farsi: infatti, quella assurdità così inaspettata, era stata certamente un’espediente della mafia per farmi perdere il fresco lavoro che avevo appena trovato, perché in questa maniera nel dovermi trovare un nuovo posto nel quale andare vivere che sostituisse quella sistemazione, fui costretta frattanto a prendere qualche giorno di malattia nell’ambulatorio oculistico in cui ero impiegata da poco, pur di assolvere in modo celere al tutto.

Ad ogni modo, ad avermi fatto disertare ulteriormente dal provare a rimanervi un altro giorno di più, là, fu un’altra bizzarra circostanza ancora che si aggiunse a quella sopra, e che mi si ricreò pure questa di proposito, facendosi così da condizione aggravante, nel vedere complice al tal crudele disegno, con me per vittima, la stessa coinquilina che gestiva la locazione delle stanze dell’appartamento in oggetto, per conto della proprietaria; e nella quale situazione particolare, questa ragazza di circa venticinque anni, con cui avrei dovuuto convivere, mi costrinse a rapportarmici obbligatoriamente: nel dirmi cioè solo dopo avermi fatto versare la caparra d’affitto che il letto matrimoniale non era più incluso nel prezzo della camera, e nel cui ammontare mensile della stanza era invece contemplato; e questo perché l’inquilina precedente lo avrebbe rivoluto indietro essendo stato il suo, “ma che giù in cantina, ce ne era stato comunque un altro di materasso che avrei potuto portare su per poterci dormire!”. Salvo, però, avermela detta questa cosa, solo una volta dopo avermi fatto pagare i depositi cauzionali che non richiesi più indietro, in quanto mi sembrava folle pensare che successivamente al loro versamento, avessi dovuto accettare di dormire su di un letto pieno di umidità e muffa rimasto per qualche tempo in uno spazio, del quale non conoscevo in alcun modo lo stato di igiene, e che al momento della visione della camera non vidi affatto per poterne constatare sin dal principio le sue condizioni, al fine di potermene redimere dalla stipula del contratto d’affitto medesimo, se non le trovavo ottimali. E detto fatto, insieme a quell’altro di disagio di dovervi respirare inoltre fra le pareti della mia stessa camera, oltrettutto dell’aria insalubre, mi convinsero ad andarmene da qui il prima possibile non rivendicando quindi nessun soldo, nel ritenere di avere avuto a che fare con dei pazzi!

“Doveva essere stata certamente corrotta per questo speciale trattamento che mi si riversò”, disattendendo di conseguenza sul nascere, ogni mia aspettativa di poter riuscire a riavere indietro tanto facilmente i miei soldi che le avevo anticipato, vista la condizione di totale presa per i fondelli nei confronti della mia intelligenza.

Nel senso che prestandosi, costei, alla tal beffarda situazione, di cui la sottoscritta medesima, era l’indiscusso oggetto di scherno da parte della mia mafia che me la ebbe a coinvolgere questa persona, e che di mestiere mi aveva detto che faceva la psicologa in una struttura privata, dopo aver conseguito una laurea da 110 lode, da aver trovato da lavorare molto presto, in un istituto per ragazzi, “in quale lingua umana le avrei potuto parlare per avanzare dei diritti in nome della mia dignità personale così miseramente abnegata dalla stessa neolaureata in scienze sociali”, con la collaborazione delle altre due figure di persone sopra menzionate, ad averle funto da spalle, e che avevano sicuramente corroborato assieme a lei, a quella commedia che mi fu allestita?

Infine, nei tre giorni solamente, in cui condivisi con queste mie inquiline l’appartamento, accadde anche la seguente cosa: ogni qualvolta che andavo ad aprire la finestra della mia stanza per vedere se quel puzzo se ne andasse via, per poi uscirne subito chiudendo dietro di me la porta alle mie spalle, nel frattempo che rimanevo in cucina ad attendere che al suo interno si arieggiasse di aria sana, qualche minuto dopo vi entrava in essa, questa coinquilina, di cui ho appena parlato, per serrarmela prontamente come se fosse stata la sua (…??). E non eravamo certo in inverno, in quel periodo, per giustificarsi di questo suo singolare comportamento, per via magari del freddo! Quindi, come ho già detto, me ne scappai, semplicemente, senza avanzare la pretesa della restituzione del mio denaro, per la ragione che la sottoscritta medesima, si sentiva lei, l’unica, sola, a sentirsi in imbarazzo per tutti  loro del tal “bischero” atteggiamento nei miei confronti, non rendendosi conto, essi, di quello che mi stavano facendo; sono convinta, difatti, che alla corruzione della ragazza che gestiva l’affittanze delle stanze, mi venne certamente presa da parte appunto anche l’altra coinquilina che le aveva dovuto fare da rinforzo alla mattanza, dato che pure questa non si era affatto insospettita di alcunché, per lo strano odore che unicamente dalla mia camera fuoriusciva, per avermi potuto supportare in qualche maniera; come lo doveva essere stato, complice, di questo teatrino, il fidanzato dell’inquilina precedente a me, che mi aveva messo una certa pulce nell’orecchio per “ammattirmi” appositamente a questo proposito, in quanto anche costui non ne rimase affatto sorpreso da quel miasma, ma anzi si mostrò al contrario totalmente distante al tutto; ciò, secondo me, per la questione che i suddetti interpreti mi ricreassero con una certa credibilità sinergica, la surreale sceneggiata in oggetto, quasi fosse stata una cosa da doversi tollerare, e basta, anzichè una pura follia!

Accordo manoscritto del deposito cauzionale versato per la camera presa in affitto

da qui devo ricorreggere…

Come al solito, anche in tal suddetta circostanza, il mafioso, ebbe la meglio su ogni mio tentativo di ripresa che cercavo di mettere in atto e, con la coda fra le gambe, dovetti subire la frustrazione dei miei genitori, e la pura cattiveria della sorella minore, autoritaria, che ogni volta che ero costretta a tornare a casa, mi creava dei problemi. In un ultimo tentativo pur di non dover ritornare a Molinella sconfitta, provai a ritrovarmi un altro alloggio a Bologna per evitare di non perdere sul nascere anche quell’impiego dall’oculista appena ottenuto, approfittando del ponte della Pasqua e delle elezioni vicine.

Appoggiai quindi i miei vestiti e degli altri effetti personali che avevo preso dall’appartamento in questione, nel quale non sarei più ritornata, in un albergo della zona dell’ospedale Maggiore; e una volta che i soldi furono finiti, ripresi a prostituirmi; così, un po’ al domicilio del cliente e di nuovo nel locale di E.M nella zona del Fossolo – di cui tenevo ancora la chiave anche se a questi di nascosto – , racimolai altri denari per continuare a pagarmi temporaneamente il pernottamento in hotel, nel frattempo che da lì dove vi dormivo la notte, durante il giorno partivo per andare a vedere delle altre camere che affittavano agli studenti o ai lavoratori e che reperivo dai giornali di annunci economici, nelle quali potermi eventualmente sistemare più stabilmente. Purtroppo ad un certo momento mi accadde, che sia in questa struttura ricettiva che nel piccolo alloggio in cui mi proseguivo a prostituire durante alcune ore della giornata, cominciarono gli adepti della mafia a rendermi l’aria irrespirabile con i consueti miasmi, in ambo questi due locali ove mi sistemai in modo alternato; ricordo di una sera che ritornando nella mia stanza d’albergo, al suo interno c’era un tale “puzzo” da non avermi lasciata altra scelta, al tempo, di dover riposare fuori dalla stessa camera vicino alla sua porta, sulla moquette del corridoio esterno, al piano ottavo.

L’indomani telefonai disperata alla mamma che acconsentii a riprendermi a casa, ma solo dopo aver chiesto ella prima il permesso, a mia sorella piccola, essendo stata questa il vero “osso duro”, poiché lei non gradiva la mia presenza qui, per una pura e subdola questione di territorio su cui voleva avere la totale supremazia. Rimasi a casa da mia madre assieme a mia sorella minore, solo un mese per poi finire nuovamente per strada. Mia madre si era parecchio ingrossata, infatti, durante il periodo in cui mi trovavo a Bologna, e nel riposare con la medesima, nella stessa stanza, nonostante fosse stata bella grande, non mi riusciva a chiudervi occhio tutta notte, avendo iniziato a russare la mamma in maniera molto rumorosa e senza tregua (l’altra che fu mia e della sorella maggiore, ora la occupava la “piccola” per mia voluta intercessione, anche se avendovi fatto io dei lavori al suo interno con i miei soldi nel sostituire una finestra in cui spesi 800.000 lire contemporaneamente ad altre cosette, avrei potuto anche richiedergliela indietro, e che non feci mai come cosa per un senso di correttezza); V. – la sorella in oggetto – non si lasciò sfuggire quell’occasione per fare la sua “brava” requisizione contro di me agli stessi parenti serpenti, pur di rimettermi nella condizione di allontanarmi nuovamente da Molinella; sebbene avessi provato fino alla fine di dormirci vicino alla mamma con dei tappini in gommapiuma e delle cuffie da operaio, ma fallendo nel proseguire io a sentirla; mentre invece in salone, dove c’era il divano e le poltrone non me la sentivo di stendermi lì perché c’era il gatto di mia sorella, che disseminava peli ovunque, e questo mi metteva in una condizione psicofisico di disagio, in quanto per me non era affatto igienico, tant’è che durante il giorno mi sedevo unicamente sulle seggiole intorno al tavolo, sulle quali, la sua bestia non andava mai.

Pertanto una mattina, dopo una notte insonne in cui io e la mamma avevamo discusso, per il fatto che non mi avesse lasciato dormire nemmeno un secondo a causa del suo imperterrito russare, al termine, fui esortata da quest’ultima in modo cavernicolo, dall’ andarmene da casa e a ritornarmene quindi a Bologna, con V. che si storse il volto in un ghigno di vittoria nel svegliarsi anche lei per quel trambusto che facemmo. Mi rattristai molto del fatto che questa sorella avesse riscosso del rispetto di tutti quanti i parenti e i nostri conoscenti grazie soprattutto alla mia assenza, senza meritarselo in alcun modo visto che poté aver tutto su una mano proprio per via di questa mannaia! Così, con nostra madre dalla sua parte, il giorno in cui V. mi mise “letteralmente” fuori dall’uscio,  ormai per la seconda volta, essendo stata questa sorella più alta di me, nel minacciare alla mia incolumità se vi avessi opposto resistenza, scesi mesta le scale del mio condominio insieme a quei pochi vestiti che avevo arrotolato frettolosamente dentro il borsone; e con l’aria sconsolata di chi non sa più dove sbattere la testa, mi ritornò improvvisamente in mente A.C. che chiamai, sperando vivamente che mi desse ancora un’altra opportunità. Non ci credevo molto a questa evenienza, dal momento che l’ultima volta che ci salutammo fu in malo modo per via del riscaldamento che lui non mi voleva tenere acceso perché costava troppo, per cui gli avevo intimato che lo avrei potuto denunciare visto quello che le davo d’affitto. A dispetto di tutto, sembrò felice di risentirmi; e, dal 25 maggio 2005 fino al 25 marzo 2006 circa, io e lui facemmo i quattrini, sebbene dall’autunno di quello stesso periodo il governo Prodi mise in ginocchio l’intera popolazione attraverso una sfegatata fiscalizzazione.

Nella prima parte dell’anno (nella primavera e nell’estate), quando ancora il governo Berlusconi arieggiava sull’economia del paese – in aprile gli fu tolto il mandato – chiunque teneva ancora nel portafoglio il “cinquantello” per una sveltina. Ma dal settembre di quello stesso periodo, in coincidenza del definitivo insediamento della Sinistra nel Paese, le cose, iniziarono progressivamente a cambiare per tutti quanti; e noi escorts, che siamo l’ultima ruota del carro, constatammo un vertiginoso calo negli affari. Molte furono costrette a chiudere i battenti a causa dei costi troppo elevati da sostenere per l’attività (almeno cento euro al giorno per la pubblicità e per l’appartamento, che di solito viene preso nella formula ad uso residence).

Tutte noi deprezzammo i servizi, assecondando morbidamente la domanda al ribasso. Ed io grazie alla mia bolognesità e al fatto che, allora, ero ancora abbastanza giovane e molto bella, fui tra le poche a non fallire, anche se poco dopo gettai la spugna pure io, lasciando l’appartamento di A.C., ma per il fatto che ero ormai stanca della gente sempre più trasandata che mi arrivava a casa in particolar modo per mano della mia stessa mafia, oltre a quella che si incrociava fuori per strada e nei bar, tra cui i molti stranieri; tuttavia a farmi decidere definitivamente ad andarmene da Bologna fu però il degrado generale che la città di Bologna stava lentamente accusando. E coi soldi che avevo guadagnato con la prostituzione nel conto corrente (circa trentamila euro netti) potevo permettermi di errare per un po’ di tempo alla ricerca di isole ancora felici, in cui sopravvivere. Il 14 febbraio – festa di S. Valentino – decisi di fare un giro verso le Marche, con capolinea a San Benedetto del Tronto; che per quanto freschina in quel giorno d’inverno, la trovai comunque davvero carina.

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