Capitolo 17: San Benedetto del Tronto

Una volta arrivata a San Benedetto del Tronto, il cielo si imbrunì rapidamente e anche la stessa aria, si raffreddò altrettanto velocemente in maniera simultanea, essendo stato allora febbraio.

Innanzitutto, mi sarei dovuta cercare un albergo dove trascorrere la notte e solo dopo essermene trovato uno, provare di visitare questa nuova località balneare con il tempo che mi sarebbe avanzato di li’ ad andare a dormire, benche’ la giornata fosse ormai stata prossima al tramonto, datosi che l’indomani non sapevo se avrei voluto intrattenermi ulteriormente. Di conseguenza, mi informai fra i passanti che incrociavo di mano in mano se me ne indicavano un paio; ma a detta degli stessi residenti che interpellai, in pochi albergatori rimanevano aperti tutto l’anno con le loro infrastrutture, in quanto San Benedetto del Tronto è una piccola cittadina che vive di un turismo stagionale.

Mi decisi alla fine dei tre hotel solamente che mi nominarono e che ricevono sempre, di pernottare in quello con le palme all’ingresso, e arrivata fin sulla soglia di questo, vi irruppi dentro col mio borsone dove da dietro il banco della reception, scorsi una signora di mezza età dall’accento meridionale, che alla mia vista e il telefono in una mano si lasciò scappare a qualcuno dall’altra parte del filo: “La Bolognese?!”. Con tale esortazione che mi sembrò più una domanda che l’albergatrice rivolse al suo interlocutore, e che doveva averla contattata esso per primo, in tempo utile del mio sopraggiungere improvviso, per poterla corrompere e darle precise istruzioni sul trattamento che mi doveva riservare, la stessa mi guardo’ in modo bieco di seguito al mio ingresso nella hall, riaggangiando la cornetta subito dopo, e chiedendomi molto ruvidamente un documento non appena la avvicinai. Io glielo porsi, studiandola un poco e marcandola con lo sguardo, perché lei non poteva sapere che provenivo da Bologna ancora prima di porgerglielo. Presi, dunque atto di continuare a venire monitorata e che qualsiasi altro mio movimento era tenuto sotto controllo, facendo io finta di niente con ella.

Sebbene l’inizio di questo mio viaggio all’avanscoperta del Sud – Italia  non fosse stato certamente dei più esaltanti, la struttura ricettiva in oggetto, si presenteva comunque sul mediocre come qualita’ di servizio per decidere infine di intrattenermici ugualmente, e anche la stessa camera dal punto di vista della pulizia andava abbastanza bene, nonostante la temperatura al suo interno era tiepidina; mentre invece la cena fu decisamente triste, dal momento che chiesi dell’insalata accompagnata dal pane solamente, con il cameriere che mi porto’ tre foglie in croce di lattuga quasi bianche non proprio invitanti accompagnate da qualche fetta di companatico, che pure questo risultò essere piuttosto insipido. Non tanto gratificata da quel pasto frugale, uscii dall’hotel per fare due passi a prendere un po’ d’aria tra deliziosi spiazzi in riva al mare lungo i quali passeggiare. Vidi qualche giovane coppia “tubare”, ricorrendo quel giorno la festa di San Valentino e, della quale cosa, mi ricordai solo adesso, quando rapita da due ben vestiti tra il dilagare del cattivo gusto e del disordine in generale della gente che incontrai dopo che mi ero allontanata dall’Emilia Romagna per scendere nelle Marche, riflettei al contempo che se avessi avuto anch’io una vita normale come ce l’avevano tutti quegli altri, sarei rientrata sicuramente in quel prototipo di fidanzatini, sia per la mia grazia innata, che per la mia proverbiale finezza. Poi però, iniziò a fare sempre più freschino per decidere al termine di rientrare in albergo e andare a riposare.

A mezzanotte venni svegliata dai passanti fuori, tra le risate e le urla degli adolescenti ancora in giro; qualche petardo e rombo di motorino, e alla fine tutto tacque. Nel cuore della notte mi alzai per andare in bagno, passando davanti allo specchio dell’armadio, dove un po’ in penombra vidi riflesso il mio corpo nudo ben fatto e molto ben proporzionato, come se fosse stato il ritratto di una bella donna disegnato da un pittore importante; pertanto rincuorata da quella suadente immagine rispetto all’incubo che stavo vivendo in modo sordo, e che mi restituiva la percezione di me stessa e di quella che ero, in verità, nonostante l’odissea che stavo vivendo e che attentava volutamente la mia tal spiccata avvenenza, e il mio stato dell'”ok”, quali fossero stati il bersaglio ultimo di tutto cio’, mi rituffai compiaciuta delle mie sembianze fisiche sotto le candide lenzuola; e iniziai a fissare per qualche istante il soffitto cercando di risalirvi oltre alla sua materia in cemento, fin su all’universo come per interrogarlo sul da farsi; ma giacche’ non ebbi alcuna risposta, sospirai lasciandomi vincere dal sonno.

Alle 6.00 scesi al piano terra per la colazione. Una chiacchiera scanzonata col barista prossimo alla pensione che mi inquisì senza alcun colore nella voce, sul motivo per cui ero cosi’ mattiniera, come se per lui niente fosse stato più tanto degno d’importanza, rispondendogli che per me era una cosa normale, e dopo averla consumata mi recai in stazione; per poi infine, lasciarmi definitivamente alle spalle il siddetto paesino balneare che non mi entusiasmò particolarmente: forse per la ragione, che eravamo ancora in inverno. Davanti al tabellone degli orari dei treni, fui indecisa sulla mia prossima destinazione: se ritornare al nord risalendo ad Ancona o proseguire in giù verso Roma; studiai per qualche secondo le persone intorno a me che trasudavano la normalità, e che tanto mi affascinava essa non facendo più parte, della mia vita per colpa della mafia; il cui fatto mi fece sentire come fossi stata un’estranea in mezzo a loro quando una volta giunto il mio turno, davanti al bigliettaio spazientito che attendeva di conoscere la mia tratta per potermi fare il biglietto, mi decisi di andare ad Ancona; questo perche’ avevo conosciuto un cliente molto simpatico che proveniva da lì, e anche al tempo dei miei vent’anni in cui mi ero iscritta alla facoltà di economia del turismo a Rimini, ebbi a constatare che le matricole originarie di qui, erano state parecchio in forma. Arrivata alla meta designata, scesi dal treno per ritrovarmi davanti al suo terminale fra un presidio di extracomunitari che lo circondavano lo stesso, come se questi ne fossero stati i padroni; e dai quali stranieri, già dai tempi della loro congestione a Bologna, avevo cercato di rifuggire perche’ alcuni di loro cercavano spesso di venirmi addosso di proposito. Pertanto mi fiondai nel bar più vicino, per un caffè rigenerante come per volerne scappare da quella visione inquietante e che mi riportava in un’istantanea alla mia mafia, dove un barista dal bulbo rosso e il guizzo malandrino mi squadro’ un po’ male. Pertanto per sottrarmi pure da egli, e soprattutto dal suo giudizio affrettato sul mio conto, presi la tazzina con una mano mentre con l’altra afferrai il giornale locale per andarmi a vedere in santa pace la pagina degli annunci economici e poter dare un’occhiata al mercato della prostituzione. Compiaciuta dalle tante prostitute straniere, tra cui anche una qualche forestiera come me, qui, che rivendicava su una terra non propria l’arte famosa della mia città, come si fa dei manufatti pregiati che provengono  dall’oriente, considerai la questione che se mi fosse riuscito di ottenere una casa in questo posto diverso,  mi sarei trovata certamente bene, per la sua urbanistica sorprendente tra le sue discese e le sue risalite che non avevo mai visto prima, oltre che per la sua affascinante luminosità: in quella mattina, infatti, avendo la stessa notte precedente piovuto, “Ancona” mi parve come l’alba sulle tenebre, e nonostante i suoi abitanti con le loro inflessioni, mi ricordassero che fossi gia’ nel mezzogiorno, provai gioia e speranza; sebbene non potessi fare a meno di chiedermi, se davvero avessi creduto veramente in un nuovo luogo nel quale ricominciare daccapo …

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