Capitolo 21: In montagna

Non ci credevo a quanto Trento fosse carina: i fiori sui davanzali delle finestre, i ruscelli che gorgogliavano ai margini dei viottoli, la spazzatura a gettone, l’happy – hour delle cinque sulle seggiole fuori dai bar che a Bologna non si vedeva più tanto a farsi da parte della gente, da diversi mesi; Difatti in quel periodo, in cui mi ritrovai in montagna, nella mia città se ne scorgevano sempre meno di persone che si avventuravano per una passeggiata sotto i portici o per bersi un semplice aperitivo in un locale, a causa del dilagare dei panca bestia e dei numerosi stranieri che imperversavano dovunque. Sembrava uno scenario d’altri tempi; ma due giorni a seguire che la giravo, dove nel frattempo mi ero appoggiata ad un albergo confortevole ed economico insieme, una bella mattina nel recarmi in stazione la vidi presidiata di neri, pakistani e studenti trasandati. Il rientro dalle vacanze di molti, oppure l’arrivo della sottoscritta medesima, in questo nuovo posto, che inaspettato al mafioso, lo organizzò a “festa”, il tutto, solo per me? Difficile a credersi, tanto più a riuscire estenderlo nei fatti ciò; eppure il tarlo mi rosicchiava nella testa poiché non appena vi sopraggiunsi, il capoluogo del Trentino mi apparve come un luogo di fiabe, mentre subito dopo era come se fosse caduto sotto l’effetto di un brutto sortilegio.

Mafia o pura circostanza? Magari sia l’una che l’altra cosa: nel mio Karma è contemplata l’interferenza esterna al ricongiungimento a Dio.

Cominciai a muovermi lungo i vari comprensori: da Cavalese e Canazei a quello di Madonna di Campiglio attraverso le autolinee, rimanendo incantata dalle sue valli; ma in qualsiasi luogo io mi andassi a sedere, poi mi arrivavano vicino dei montanari puzzolenti o dei marocchini oppure dei magrebini che odoravano di formaggio “andato male”; anche se non mi volli scoraggiare, iniziando a salire col treno su al nord verso Bolzano, nelle cui strade già sentivo parlare il tedesco.

Credevo, visto l’autonomia politica delle due province della regione Trentino Alto Adige, che queste città non fossero permeate dalla realtà degli extracomunitari che avevano massicciamente invaso il resto dell’Italia, come da quella della “feccia” in genere della popolazione del sud, costituita da certi meridionali, il cui fenomeno non aveva certamente risparmiato, invece, il luogo, dal quale provenivo io; pertanto i nostri rappresentanti politici istituzionali erano stati belli aperti a “cani e porci“: una delle tante ragioni, questa, per la quale mi trovavo li’, alla ricerca in definitiva di terre ancora “vergini”, dove poter nuovamente ricominciare.

Pure anche qui a Bolzano la prima volta che arrivai, non feci molto caso ai forestieri, che sicuramente si dovevano contare su di una mano, in principio, mentre l’indomani la città divenne un vero e proprio assedio di questi! Chi dovesse leggere queste mie riflessioni, s’interrogherà sulla mia lucidità mentale; ma però, davvero, in ogni cittadina montana, nella quale mi ritrovavo a sostare pur per breve tempo, successivamente si riempiva di brutta gente che si avvicinava a me, inesorabile, al solo scopo di infastidirmi. Soprattutto, venivo importunata da certi personaggi grossolani che mi parvero essere stati corrotti apposta proprio per questa ragione; per esempio se mi sedevo sulla panchina di un giardinetto o prendevo  l’autobus, oppure facevo la fila alle casse del supermarket, fino a se prendevo un semplice caffè in un bar, dovevo tutte le volte guardarmi alle spalle e mettere la coda negli occhi, perché se mi rilassavo anche solo per poco, dei “kamikazee” erano belli pronti ad entrare in azione, per imporsi della propria presenza a me. Di conseguenza iniziai a dribblare da chiunque mi veniva incontro, anche se da lontano mi pareva un individuo apparentemente in ordine, poiché certuni da normali che potevano sembrare, all’ultimo si snaturavano “a tradimento” della loro vera natura, ovvero di quella di molestatori, nel puzzare infatti essi, oltremodo; e questo mi costrinse, quindi, a scattare di postura ogni qualvolta, in cui da dietro o da di fianco, mi sentissi tutto ad un tratto di venir accorciata nelle distanze da qualcuno.

Nel tempo però, questo mio atteggiamento, che all’inizio aveva incuriosito, l’altro, mi fu posteriormente apostrofato sempre più in difetto, dai membri della comunità presso la quale ritornai al termine a vivere (commercianti, inquilini, conoscenti in genere, ecc.), grazie all’opera dei massoni, senza che mai nessuno, abbia mai voluto comprendere appieno il  disegno a monte del tutto: la derisione in primis delle persone nei miei confronti, contemporaneamene al mio terrorismo psicologico verso gli uomini corrotti che mi venivano dispiegati dal mafioso e dai suoi compari continuamente.

Terminai il mio tour montano con la splendida Merano e la meravigliosa Bressanone nonostante, allora, queste due altre località, fossero state molto caotiche in quel periodo, ricorrendo non a caso la festa nazionale dei tedeschi che è il 3 ottobre; ma in generale per via del fatto che eravamo già in autunno, che come stagione, è “alta”, turisticamente parlando, in particolar modo per le sue terme che nella prima di città vede per questa motivazione, l’arrivo di molti vacanzieri della terza età per soggiornarvi proprio a detto fine.

Una volta che giunsi, a Merano, sostai in un alberghetto a gestione famigliare d’influenza tedesca, la cui bionda proprietaria di circa quarant’anni fasciata in un paio di pantaloni bianchi che risaltavano le sue forme ancora interessanti, nel varcarne io l’uscio della sua struttura ricettiva, si raggelò questa con lo sguardo freddo di chi avesse scorto il nemico, nonostante fossi stata ben vestita e benché a differenza di molte italiane, al tempo, sembravo addirittura una persona dell’est tanto ero ancora giovane e bella! Molto forzatamente mi diede una camera che alla notte avrebbe dovuto costarmi 60 euro, e che alla fine me ne chiese 140 di soldi per la stessa, anziché 120 per i due soli pernottamenti che feci, poiché non essendomi trovata molto bene le domandai molto presto il conto. Il medesimo analogo trattamento lo ricevetti a Bressanone, dove era già d’obbligo il riscaldamento nelle stanze. La notte non me lo erogarono, mentre a tutti gli altri clienti di quella struttura ricettiva, sì. La mattina seguente li accusai di corruzione, con la titolare di mezza età e il figlio di circa la mia che mi esortarono a scegliere un’altra sistemazione, perché “forse” la loro non faceva al caso mio. Tuonai che sarei andata dai Carabinieri per sporgere denuncia, frattanto che vidi la cameriera di sala non tanto lontana dal banco – con la quale avevo chiacchierato poco prima della cui questione durante la colazione, pre-annusandone ella di questa già il puzzo – , a proseguire a lavorare in silenzio allo svolgersi di detto fatto, realizzando parallelamente con degli occhi stralunati, come incredula, al contempo, quello mi stava accadendo …

Idem, in un albergo della categoria BestWestern dotato di beautyfarm, nel quale ho forse fatto l’ultimo massaggio più bello della mia vita, della medesima località turistica; infatti, avrei potuto rimanere fino a quanto volevo, ma dalla terza notte mi comunicarono che dovevo cambiare stanza – tanti impicci come all’epoca che alloggiai in quei tre alberghi della mia città (vedi cap. 18) – ; mi dissero che era stata prenotata da un cliente abituale che guarda un po’… “Voleva proprio la mia!“; tutto questo all’unico scopo di costringermi in maniera coercitiva ad andare via dall’hotel, poiché in quella nuova di camera nella quale mi avrebbero spostata se “in teoria” lo avessi voluto, sicuramente non mi sarei trovata bene, da deja vue di diverse altre esperienze simili prima di questa, avvenute nel passato. Andai dai Carabinieri del posto, che mi invitarono a ripassare più tardi alle 8.30 – l’orario di apertura al pubblico – essendomi recata là fin troppo presto; tornai quindi in caserma poco dopo, dove il Maresciallo di turno che doveva essere stato certamente contattato da qualcuno per venire corrotto, in un qualche modo, nell’attesa di questo lasso di  tempo, affinché esso non mi soccorresse, mi recitò infatti come da copione prestabilito che vaneggiavo “su qualcosa che non aveva alcun senso!”. Scesi dunque dai monti con la coda fra le gambe nell’avere mancato questa volta il bersaglio: che era stato di cercarmi un nuovo posto in cui vivere più tranquillo di quello del mare, e al contempo salubre, ma per lavorarci sempre, attraverso un impiego serio come avevo fatto a Cervia.

QUELLA SOPRA ERA LA DENUNCIA CHE AVEVO SCRITTO VELOCEMENTE SU DI UN FOGLIO CHE MI AVEVANO DATO LORO, E CHE CHI DI INCARICATO MI AVEVA PROMESSO CHE ME L’AVREBBE POI REDATTA PUR DI ASSECONDARMI, AL FINE DI FARMI ANDARE VIA SENZA IN MANO NIENTE, QUANDO INVECE NON ME L’ANNO MAI PRESA IN CONSIDERAZIONE. E ANZI HO SCOPERTO CHE GLI STESSI IN SEGUITO AVEVANO CHIAMATO MIO PADRE (VEDI ALL’ALLEGATO 6 DEL FILE SOTTO).

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