Capitolo 20: Periodo mare

Iniziai a riposarmi nel vero senso del termine. Basta per un po’ con il cercarmi una casa e col prostituirmi! I capelli cominciarono a starmi meglio ogni giorno di più, oltre che per l’ossigenazione del mio bulbo che riprese finalmente a respirare, avendoli dovuti sottoporre a frequenti lavaggi durante l’attività di meretricio, e che per sua natura li rendeva nella norma soffici sia nel colore che nello stelo, soprattutto per questo  stesso fatto che non li dovevo più lavare tanto come prima, e cioè secondo il numero di clienti che facevo giornalmente.

Andai dall’estetista per farmi fare qualche trattamento di bellezza. Mi alzavo all’alba per godere del mare ancora vergine dai turisti e vi ritornavo al tramonto, allorquando se ne svuotava di questi il suo bagnasciuga.

 

ALTRE FOTO IN SPIAGGIA

Mi comprai una bella bici, con la quale scorrazzavo da Milano Marittima a Cesenatico come anche qualche vestito al mercato del martedì, rifornitissimo e coloratissimo; Cervia qui certo non mancava in quanto cittadina turistica: dalle sue spiagge ben attrezzate ai mille intrattenimenti in sagre, mostre, terme, ecc. Cominciai a frequentare una piscina comunale, nella vicina Pinarella; già a Bologna avevo desiderato di andarci da molto tempo per qualche volta, senza però mai riuscire a farlo, ed essendo finalmente arrivata la primavera, in questa località marina si stava ancora benissimo, per poterci trascorrere qualche ora, lì, in perfetta tranquillità, senza l’assiepamento dei turisti, dato che l’affollamento dei vacanzieri sarebbe iniziato più avanti nell’estate inoltrata.

Dimagrii altri tre kg da quando mi ero spostata dalla mia città, dove la bilancia tutte le mattine in cui mi pesavo mi segnava un numero che oscillava tra i 45 – 46 kg; avevo rifatto il mio fisichino e a giudicare dal compiacimento che riscuotevo in mezzo alla gente, ne ebbi uno stato di relativo appagamento, soprattutto per il mio ego, che in passato era stato subdolamente pestato da alcuni miei familiari (da mia nonna, e in particolar modo da mia madre che dicevano esageratamente io fossi stata troppo magra) anche in merito a quest’altra cosa, nel tentativo di mettere loro in discussione pure qui la mia salute mentale, avendo dimostrato a tutti loro di essere molto disciplinata anche nell’alimentarmi se mi dovevo rimettere in forma da un qualche periodo negativo in cui mi ero ritrovata a ingrassare. I diversi esercenti di bar e negozi vari, mi cominciarono a salutare rispettosamente, come una loro abituale cliente a cui riservare delle attenzioni particolari; La gente del posto era, infatti, ignara della mia prostituzione e della mia mafia.

Mi stavo di nuovo riprendendo per l’ennesima volta dalle ultime ritorsioni che avevo subito sino a poco prima, nel voltare in quest’altra maniera pagina. Ma allorché questa magnificenza dell’animo sfiorò l’apoteosi, mi accadde nuovamente un altro fatto spiacevole come succede solitamente ogni qualvolta in cui sta andando tutto troppo bene, “soprattutto se hai la mafia come nel mio caso …”. In quel periodo ero sempre più protesa a migliorarmi nel mio aspetto fisico, che per via della tensione legata alla mia prostituzione sotto l’egida della mafia, come pure per lo stress legato alle numerosissime docce a cui fui costretta per questa stessa attività, aveva accusato qualche colpo, e ci stavo riuscendo “alla grande”!

Purtroppo però un bruttissimo giorno che mi diedi una crema idratante per il viso che tenevo in bagno e che avevo iniziato ad usare già da qualche tempo, opacizzandomi perfettamente il mio incarnato a tendenza acneica, rinvenni subito dopo un effetto lucido e qualche ora più avanti, la pelle del volto era puntellata da dei comedoni, e anche i pori della mia pelle mi apparvero molto dilatati.

Fu una nuova molestia, questa, dello stalking che ho subito allora, e che è durata oltre tre anni: la devastazione della mia immagine esteriore. Crema e sapone liquido che lasciavo incustoditi in casa, venivano inesorabilmente inquinati con qualcosa al suo interno, che di ritorno mi rovinavano sia i capelli che l’epidermide del mio corpo, dando così avvio nella mia vita ad una singolare campagna di toilette “usa e getta” che mi costò di tasca e soprattutto di libertà personale. Nonostante l’incubo di dover provvedere giornalmente all’acquisto di questi prodotti che ero costretta poi a gettare via quotidianamente, esternamente cercavo di far finta di niente, e anche nel mio privato dove presumevo mi si spiasse all’interno della casa con l’installazione delle consuete microtelecamere a me nascoste, di modo che il mio stalker mi potesse osservare della mia reazione a questa ennesima tortura da così regolarne più o meno la morsa, rimanevo il più possibile impenetrabile; in realtà, tenevo la morte dentro, poiché presagivo che di lì a qualche mese, l’avvenenza che mi era da sempre appartenuta sarebbe declassata notevolmente sino a scomparire del tutto.

Tuttavia mi ritrovai molto tonica di nervi pure in suddetta circostanza tragica della mia esistenza, probabilmente per l’età giovanile che avevo avuto ancora: ovvero trentacinque anni. Infatti, cercavo di cambiare spesso supermercato per poter acquistare prodotti continuamente diversi, affinché il mafioso non si organizzasse a sua volta, facendomeli magari ritrovare nei vari banchi già inquinati, quelli che vedeva io consumavo più di frequente; e provando allo stesso tempo di comprare i più economici per poter rientrare contemporaneamente nel mio bilancio domestico, avendone dovuto comprare ogni giorno almeno uno nuovo di cosmetico.

Quest’ultima cosa, per il fatto che di notte proseguivo col venire violata al domicilio, quindi non solo quando ero fuori il mio stalker s’introduceva all’interno del mio appartamento, rovinando qualche mio vestito o lasciando tracce del suo passaggio in altro modo, nella quale situazione assurda mi successe che il mafioso me li riprese ad inquinare durante il mio sonno dopo prima avermi addormentata, allorquando nel mio tentativo di proteggerli da quello scempio, avevo provato in un atto estremo di tenerli in abitazione solo se ci rimanevo dentro per poi una volta fuori essermeli portati dietro; e a questo, “già che c’era”, me ne sporcava inoltre la mia pelle da narcotizzata in cui mi faceva rimanere, verso la quale pazzia non potei quindi ribellarmi; come fu al tempo che vivevo a San Lazzaro, dove però se la prese solo con le mie belle gambe che mi siringava, alla notte, sempre, di seguito all’avermi stordita in una qualche maniera come da consuetudine, lasciandomene dei marcati lividi, e accanendosi anche coi miei bellissimi capelli, mettendomi una sostanza untuosa all’interno dell’air-conditioning, che me li sporcava puntualmente per averlo dovuto alla fine buttare; mi accadeva pertanto che una volta che mi svegliavo al mare, rinvenivo un qualcosa di olioso sulla pelle del volto, che me lo aveva conseguentemente butterato di puntini neri, e assieme a ciò prendevo atto contemporaneamente della cosa di non poter più dunque custodire al tempo stesso i miei prodotti di bellezza in casa, cosicché fui impedita totalmente di proteggermi da quella devastazione del mio aspetto.

Dopo la stagione alberghiera che feci come cameriera ai piani in un albergo con delle palme all’esterno, su Corso Deledda nei mesi di luglio e agosto (nel quale altro contesto, mi crearono pure qui dei nuovi problemi, due miei colleghi stranieri dell’est, che mi furono corrotti: jobin e tom credo), avrei voluto intrattenermi a Cervia ulteriormente, avendo ricevuto al tempo un’altra proposta di lavoro per la stagione autunnale; nel periodo in cui ripresi a cercarmi un lavoro serio, infatti, per via della mia bella presenza non avevo avuto delle difficoltà a trovarlo subito, tant’è che a quello sopra accennato in hotel, mi era stato proposto parallelamente un altro impiego altrove, stavolta da un commerciante del posto, come commessa nella sua gelateria, e che me lo chiese lui per primo se ne volevo uno; e questo fatto, mi era accaduto anche precedentemente a Bologna da un fioraio, che mi rincorse fuori dal suo negozio per chiedermi se volevo lavorare da egli, dopo avermi visto passare fuori dalla sua vetrina.

Ma l’aria che si umidificò parecchio, e la decisione risoluta della proprietaria di non volermi prorogare ancora l’affitto dell’alloggio vacanza, mi ritrassero da questo intento. Ufficialmente quest’ultima, teneva chiuso tutto l’autunno e durante l’inverno per eventuali manutenzioni. Ma secondo me, non gradiva semplicemente che permanessi oltre: gli inquilini vicino, difatti, mi avevano molestato intorno in mille modi pur di farmi apparire una ragazza inquieta, come era già successo in altri contesti abitativi addietro, attraverso la corruzione di qualche d’uno del posto dove avevo abitato; eppure mi ero comportata come una bravissima ragazza, quella che sono, e rimango tutt’oggi, nonostante i disagi e le molestie in cui mi rilegano a vivere continuamente da sempre.

Per esempio, un vicino a fianco al mio villino e che era a muro con me, era solito strisciare le sue sedie all’interno del proprio appartamento, producendo degli stridori violenti alle mie orecchie; sebbene avessi provato in più battute e con modi garbati ad invitarlo alla moderazione, fu al termine lui a tuonare a me di smettere “di rompergli i coglioni”. Un’altra famiglia poco più in là, quando salivano per il week – end e scaricavano l’occorrente vacanza dall’auto, per almeno una mezz’ora, ogni cinque minuti, davano lo scrocco ad una porticina in ferro battuto del loro giardino, che richiudendosi produceva ogni volta un tonfo pesante, anziché prevedendone il numero di giri che avrebbero dovuto fare, l’avessero tenuta aperta con qualcosa sin dal principio, da non dover ricorrere alla sua automazione tutte le volte. Un terzo nucleo più distante invece, possedeva una bestia di cane dal puzzo nauseabondo che quando passava, lasciava la scia per qualche minuto, nel dover io passare obbligatamente lungo un comune stradello di collegamento del complesso medesimo a tutte le unità abitative, che anche quest’altre persone sembravano mi volessero molestare apposta; fortunatamente però ognuna di tali famiglie, veniva in periodi diversi le une dalle altre, ma me ne bastava comunque una sola di queste, a rendermi il mio soggiorno quotidiano, dal tenore al quanto infernale.

Mentre dietro alla mia casa, avevo “la scorreria” dei clienti di un albergo molto modesto che ospitava degli studenti e dei lavoratori stranieri (muratori, elettricisti, ecc), in cui non facevo in tempo a fare il bucato che stendevo su di un balconcino, che me ne sbucava puntualmente uno da sotto il naso di questi soggetti malconci, perché appunto non erano propriamente in ordine, tanto da insospettirmi subito della tal cosa, piuttosto bizzarra, come fosse stata di natura mafiosa.

PARTE DIETRO DEL MIO APPARTAMENTO AL MARE

Infine, in un capanno a cinquanta metri da noi che era una dismessa, vennero a prendervi alloggio verso agosto dei Bangladesi; i quali alla sera dovevano cucinare qualcosa di disgustoso, dagli odori che mi provenivano fin dentro alla mia abitazione. Tuttavia io sopportai lo stesso il tal genere d’inferno attraverso il mio innato self-control di circostanza. Per la verità, seppur l’alloggio vacanza potesse sembrare un “bijou”, l’ambiente poco fuori le strette mura domestiche che mi venne ricreato di proposito, al contrario era da puro “delirio”!

PARTE DAVANTI DELLA MIA CASA A CERVIA CON LA MIA BICI A LATO

A ben pensarci, per nulla al mondo aspiravo ad intrattenermi oltre a Cervia, pertanto il 5 settembre – il contratto di locazione vacanza, scadeva il 20 c.m – feci arma e bagagli e salì al Nord Italia, verso il Trentino Alto Adige con meta Trento.

Nella foto sotto, avevo 34; qui appare il mio viso, a come era prima del vandalismo in oggetto al mio aspetto – anche se è stata truccata questa immagine, in difetto, dalla mia stessa mafia come si può vedere nell’occhio sinistro che è stato allungato verso il basso – , e che ho subito, per lungo tempo da parte del mafioso di cui faccio menzione, anche se essendo stata scattata con un cellulare risulta comunque un po’ sgranata già di suo. Tutto questo, perché della mia avvenenza non ve ne rimanga alcuna traccia, essendo stata una delle ragioni delle ritorsioni che ho subito, in seguito al mio abbracciamento ad essa.

l’occhio a sinistra se ingrandito appare allungato in modo innaturale