Capitolo 7: Testimone della subaffitanza

19Il Sig. M.R lo conobbi nel recarmi presso una importante associazione di Bologna, dedita alle problematiche degli inquilini. Chiesi ad un funzionario dell’associazione un loro intervento al rendez-vous che avrei dovuto avere in un bar del centro per pagare dell’affitto il Sig. R.G. Volevo un testimone della subaffittanza oltre che poterlo studiare e avere prova della sua malafede.

Avevo spiegato che se l’intestatario fosse stato disponibile a montarmi una spranga, in quanto “ignoti” mi entravano in casa da circa un mese, me ne sarei andata presto via di lì. La qual cosa mi sembrava desiderasse anche lui.
Quando affrontai questo argomento la prima volta, lui mi inscenò un finto disappunto; insinuava che avrei dato le chiavi dell’appartamento ad altre persone ed io fin da subito risposi con un no fermo.

Il responsabile anziano dell’associazione che mi ricevette, mi presentò ad una persona di circa cinque anni più di me, il quale, in veste di mio cognato, mi avrebbe accompagnata all’appuntamento famoso. Il luogo previsto era la saletta interna di un bar del centro, che io e il mio testimone raggiungemmo in anticipo. Lui arrivò puntuale, e subito sbiancò nel rendersi conto che una presenza estranea avrebbe preso parte al nostro incontro.

Presento al Sig. G. il mio accompagnatore come cognato avvocato (che possiedo nella realtà) e dallo stesso ci sentiamo aspramente fare i complimenti per la scorrettezza, visto che a sua ragione doveva rimanere il tutto nello stretto riserbo. A questo punto mi chiede conferma se dal 15 del prossimo mese, avrei restituito le chiavi e saldato il conto in essere di agosto corrente.

Io controbatto che venendo ancora violata – come già lo informai del tutto qualche tempo prima, sperando in una remissività del suo stalking – dovevo temporeggiare a rimanervi un altro po’, salvo che non mi avesse montato la famosa sbarra.
Lui si sentiva messo al muro: il testimone della sub-affittanza e l’intimata proroga dell’affitto; pertanto, digrigna un consenso che significava, in verità, continuare a farmi violare il domicilio, ma almeno avrei avuto il tempo di cercarmi qualcos’altro con calma al fine di riappropriarmi della mia privacy. In altra battuta gli chiedo cosa, lui, pagasse d’affitto alla IACP e dal medesimo mi sono sentita dire con una certa aggressività di “farmi i cazzi miei”. Al che il sig. R. lo invita a calmarsi, poiché era stato certamente sentito fino al bancone del bar.

Nel ricomporsi il Sig. G. sciorina delle scuse di circostanza che, tuttavia, non erano destinate anche a me. Poi si congeda, stringendo ad entrambi la mano per salutarci, in un selfcontrol da attore di teatro – ciò che veramente era. Rimasti così da soli, chiedo al Sig. R. se mi credeva o no che mi entrasse in casa, però quest’ultimo non si sbilanciò, pur ammettendo di essergli sembrato un po’ losco nei modi e che certamente nascondesse qualcosa. A questo punto gli avanzo la mia richiesta: nel caso in cui un domani fossi riuscita a trascinare la questione in tribunale tramite un avvocato, se lui mi avesse fatto da testimone. Disse di sì ma a distanza di qualche anno dai fatti, provai di rintracciarlo. All’associazione mi dissero che era stato trasferito altrove e lui non si fece più vivo.

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VERBALE DI DICHIARAZIONE ALLA GUARDIA DI FINANZA SUL SUBAFFITTO