Capitolo 5: Prima del viaggio in America

Nel settembre del 2003, accanto a me abitavano due famiglie. Una era formata da meridionali e aveva un comportamento che era l’esatto contrario di come si dovrebbe stare in un condominio. Evidentemente, la sua idea di libertà non era all’insegna del quieto vivere. Dopo tante preghiere rivolte all’Onnipotente perché se ne andasse, il sogno diviene realtà. Una mattina, infatti, avverto rumori strani giungere dal pianerottolo. Incuriosita, osservo dall’occhiolino della porta quello che sta succedendo. Vedo gli odiati inquilini intenti a svuotare la propria casa da ogni genere di mobilia: sembra davvero un trasloco, dalla quantità di roba che stanno trasportando giù per le scale e in ascensore, eppure rimango in attesa fino alla fine per averne la conferma. Solo quando l’aria pulita e il silenzio ritorna sul piano, comprendo di essermi veramente liberata di loro. Allora, chiamo mia madre al telefono per darle la bella notizia, e insieme con lei inneggio alla vittoria. Festeggio, uscendo di casa a fare una bella passeggiata! Al mio rientro, però, nella mia abitazione posta al quinto e ultimo piano dello stabile, un odore ancora più fetido di quello prodotto dai meridionali mi colpisce come un pugno oltremodo violento. Non è comunque il fetore che proviene usualmente dall’appartamento posto perpendicolarmente al mio, abitato da una signora anziana e dalla sua badante di origine asiatica. Di ciò sono certa, malgrado anche il lezzo della filippina non scherzi, tanto da farlo regolarmente presente all’amministratore di condominio; quello nuovo che avverto subito fuori dall’impianto di sollevamento del palazzo è impressionante.

La cosa, in realtà, non mi sconvolgeva particolarmente: già dai tempi in cui conobbi il mio passato proprietario di casa, dal quale me ne andai per la sua disgustosa abitudine di aggredire la mia serenità con piccoli scellerati interventi da terrorista infantile, quali la collocazione di una fialetta puzzolente da studentelli annoiati e svagati come anche in questo caso. La maleodorante atmosfera che si propaga per il piano dove risiedo mi spinge istintivamente a riflettere su un dato che a me per prima non risultava psicologicamente del tutto chiaro: succede sempre che, se da una porta d’appartamento proviene un cattivo odore, da un’altra viceversa no, e che quindi mai contemporaneamente si associno due cattivi odori, quasi che qualcuno voglia giocare con la mia stabilità mentale! Non possiedo le prove che questo disagio sia opera di un’unica regia, ma sin da quando vivevo in una casa presa in subaffitto da quel losco individuo, di cui ho poc’anzi parlato, avevo il sentore di un sadismo incombente, di cui erano spia le fiale chimiche impiegate per arrecarmi turbamento; una sorta di incipiente, e via via crescente persecuzione messa in atto contro di me, che il mio continuo vacillare nel dubbio su quanto mi accadeva, alimentava in lui. In seguito, anche atti di vandalismo perpetrati in modo sottile nei riguardi di miei arredi e di altri oggetti custoditi nella mia nuova sistemazione, non lontana da quella in cui si erano svolti i primi subdoli accadimenti accompagnati dagli immancabili lezzi nauseanti, contribuirono in capo a tutto a confermarmi del suo passaggio, qui PERIODO DELLE VIOLAZIONI AL DOMICILIO A SAN LAZZARO PRIMA DI ANDARE IN AMERICA. Non a caso, avevo constatato come questa situazione esisteva solo al mio piano: dovunque, in condominio regnava la più completa normalità. Tuttavia, per una questione di sopravvivenza cercai fino alla fine di convincermi della cicostanzialità di questi fatti. Ma arrivata a quel punto, non ebbi più alcun dubbio che ogni cosa fosse stata studiata a tavolino perché apparisse fortuita e chi coinvolto nel disegno, come i miei inquilini molesti, magari ne era anche estraneo dal tutto. Sono sicura, invece, che quegli odori ripugnanti infastidivano altri condomini; essendo però, io, quella maggiormente esposta, rimaneva un problema soprattutto mio.

La precedente filippina, infatti, era pulitissima. Successivamente ella viene sostituita e la pestilenza dovuta all’acidità di pelle della nuova si diffondeva tutta intorno fino ad entrarmi da sotto l’uscio di casa; mentre dall’altra parte, la famiglia di “terroni” che in principio non mi disturbava, nonostante si presentasse già per sua natura un po’ rumorosa, ben presto si trasformò come sotto l’effetto di un brutto sortilegio. Allorquando aprivo la finestra del nostro vano interno condominiale, per poterlo arieggiare nel avermelo appestato, loro me la richiudevano prontamente dietro.

Nella situazione emotiva poco chiara in cui mi trovai lungamente confinata, fui dunque impossibilitata a dimostrare la premeditazione degli atteggiamenti molesti dei vicini. Non mi restò che stare in silenzio e subire nell’incertezza di loro coinvolgimento. Quando più tardi finalmente realizzai dell’implicazione sicura di persone sia interne all’edificio sia esterne a esso, si era ormai venuta a creare una sorta di omertà nella quale, mio malgrado, ero costretta a vivere. Certe domande che, forse imprudentemente, avevo comunque rivolto ad alcuni condomini, del tipo: “Se vedete verificarsi qualcosa di anormale vicino al mio appartamento, o anche solo degli estranei, ditemelo!”, non solo erano cadute nel vuoto, ma avevano sortito addirittura una presa distanza da me. Dopo averle provate davvero tutte, non mi restava altro da fare che fuggire. Andai così in America. In verità, un tentativo di fuga lo avevo già messo in atto qualche mese prima: verso un’altra città sempre del mio Paese. Ma avevo fallito, in quanto, braccata da quell’uomo tremendo, dopo che mi ero inizialmente rivolta alle forze dell’ordine perché mi prestassero aiuto.

Queste, invece, non prestando fede ai miei racconti, avevano lasciato che continuassi a essere oggetto di molestia. A un certo punto mi fu addirittura intimato di non insistere col raccontare fandonie, altrimenti si sarebbero viste costrette a prendere provvedimenti assai seri nei miei confronti. Fu così che cominciai a temere per la mia incolumità per decidere di scappare nuovamente. Pertanto, pur sembrando puramente istintiva e frutto di esasperazione, la decisione di fuggire questa volta più lontano, era stata a lungo meditata.

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