AUTOTRASPORTATORE DI MOLINELLA CHE MI HA MOLESTATA COL PROPRIO TIR, UNA NOTTE DEL 2018, MENTRE CERCAVO DI ANDARE NELL’OFFICINA DI MIO PADRE

@sognandoamanda3

Cap. 38 del mio blog sognandoamanda in INDICE CRONOLOGICO, in fondo al post: AUTOTRASPORTATORE DI MOLINELLA CHE MI HA MOLESTATO CON IL PROPRIO TIR, UNA NOTTE DEL 2018, MENTRE CERCAVO DI ANDARE NELL’OFFICINA DI MIO PADRE. Qui ripropongo, in una scena che ho descritto nel suddetto capitolo, ciò che mi era capitato quella notte, anche se qui, il camion rimane fermo e io me lo lascio alle spalle, anche se l’autista del camion che mi molestò immagino sia lo stesso

♬ suono originale – sognandoamanda – sognandoamanda

Nella notte di un fine settimana (venerdì o sabato non ricordo bene) di un mese di inizio primavera (non so se marzo o aprile), alle ore 3.00, mi incamminavo a piedi da casa mia in Piazza Martoni, verso la zona artigianale di Molinella, passando per il Parco dei Caduti, e proseguendo dopo lungo lo stradello delle scuole elementari e medie “Severino Ferrari” che porta all’incrocio con la Circonvallazione inferiore dove ci sono gli stabilimenti industriali di Nobili e Pancaldi. La motivazione di quella mia alzata mattutina, era raggiungere l’azienda metalmeccanica di mio padre in via Podgora, all’interno del cui ufficio, vado a lavorare su un computer (dei cinque che abbiamo), per poter continuare a scrivere sul mio sito internet, delle ritorsione mafiose che subisco da molti anni, visto che nelle biblioteche, mi creano continuamente dei problemi DENUNCIA DEL 23 OTTOBRE 2018, ma a papà di nascosto, poiché non vuole che vada sui suoi PC, temendo che glieli rompo; per cui mi stavo inoltrando là, a quell’orario, per la ragione appunto che non avrei trovato ancora nessuno in azienda che me ne avrebbe intralciato la tal missione.

Ma nel provare a farlo, questo, mi successe il seguente fatto, che qui narro.

Appena mi fui immessa sulla strada delle storiche aziende molinellesi, in oggetto, nel voltare giù per via Piave – una delle molte traverse della stessa – a quasi 800 metri da me, scorgevo in un cortile privato a fianco della pizzeria il “PUNTO”, dove c’è anche il magazzino del mobilificio “EMMEQUATTRO”, un grosso camion di colore blu con su scritto il nome di una ditta, che inizia per B.; il quale tir era in sosta, ma col motore acceso, e le luci sparate addosso a me, che mi puntavano contro insistentemente, senza darmi il suo autista a bordo, alcun segno di quando sarebbe voluto partire, pur sembrando comunque che lo avrebbe fatto da un momento all’altro, e il tutto mi successe nel preciso istante che mi ero affacciata dinnanzi ad esso. La quale cosa, già di per sé, mi suonava in una iniziazione all’ennesima ritorsione che mi stavo apprestando a subire, dal momento che chi, alla guida dello stesso autotir, permaneva a tenerlo in quello stato, con l’alibi presumibilmente di cercare di scaldarne meglio il motore, ma che però al mio proseguire cauto il cammino verso di egli, ebbi modo di constatarne come da mio presagio, armata della mia consueta tenuta psichica di perfetto distacco emotivo, rispetto agli accadimenti assurdi in cui mi rapporto di frequente, e che è un misto tra la compostezza e la freddezza, mentre ne attendevo di quella situazione di tensione, l’evoluzione, entro la quale continuai ad avanzare in modo sempre più lento e prudente, il conseguente e relativo improvviso cambio di marcia, che sapevo sarebbe avvenuto all’improvviso, nell’andargli ancora a questi incontro di mano, in mano; e che si misurò dapprima, in un ingranamento dalla prima alla seconda, in maniera ponderata, senza lui mai perdermi di vista, e che la sottoscritta medesima, lesse in una sorta di linguaggio codificato tra carnefice e vittima, quasi fosse un preludio alla fase di imminente attacco da parte di questo mio nemico, in cui avvertivo che l’altro aspettava che io abbassassi la guardia in un momento di mia distrazione per potermi assaltare. Il tal mio sentore, avuto sin dal principio dacché mi ritrovai sulla tal strada vis – à – vis, era sostanzialmente dovuto, al morboso pressing di molestie che mi venivano messe a segno, in quel periodo, da parte di un nutrito popolo di nottambuli del paese, allorquando all’alba mi recavo verso il capannone di mio padre incamminandomi come già detto dalla mia dimora, in centro, del Comune di Molinella, e che mi cominciava a frullare intorno, ogni volta, lungo questo tragitto, disegnandomi, delle curiose geometrie, in modo ogni volta diverso, e che erano essenzialmente destinate ad una sorta di cattura nei miei confronti, o con delle auto, o con altri mezzi, su uno sfondo urbano desertico, al solo scopo di arrecarmi turbamento, di seguito alla corruzione di certuni di questi soggetti dei quali ho poc’anzi accennato; e ciò, perché io ne fossi destabilizzata al punto dall’inibirmi poi in un secondo tempo, una volta, raggiunto l’ufficio di mio padre, dallo scrivere bene quello che avevo capito sulla mafia della Polizia rappresentata dal suo A.D – R. Prodi – , e compresa la mia persona per mezzo delle mille rappresaglie che subivo da anni, da parte dei suoi mafiosi e massoni, affinché non mi rendessi credibile in merito a questi fatti. Non a caso in alcune di quelle notti pazzesche, nelle quali per l’appunto fui perseguitata, mi ritrovavo spesso a dovermi nascondere dietro a delle macchine che stavano parcheggiate sul mio tragitto, per sfuggire al matto di turno che mi stava molestando, sbucandomi alla vista tutto ad un tratto, e che mi era sopraggiunto a bordo di una qualche autovettura di quelle che la “Pulla”, dava ad esso

(“e questo dopo averle le succitate macchine, la stessa Madama, fatte sequestrare ai narcotrafficanti”…, mi disse falsamente un dirigente della Squadra mobile, dove ero andata un giorno per fare una denuncia da stalking in Questura a Bologna, e dove in seguito fui mandata subito dopo dinnanzi a quest’altro dipartimento ad essa a dirimpetto, e in cui l’ispettore incaricato nel fingere di assecondarmi in risposta a ciò, mi condusse frattanto con una vettura civetta lungo il tragitto verso casa a bordo di un loro mezzo, al fine di dimostrarmi la cosa, che non ci fosse stato proprio nessuno che mi seguisse, facendomi assistere alle manovre di guida che si mettono comunemente in atto in un normale depistaggio… , dal momento che in verità, queste auto, i poliziotti, le rubano alla gente perbene, per darle successivamente ai propri mafiosi, perché smercino a sua volta, ai puschers, la droga da rivendere infine ai clienti, oppure per controllarne il giro della prostituzione lungo le arterie della città!);

per poi una volta superato, un pericolo da poco sopravvenuto, strada, che piano, piano facevo nel portarmi sin all’azienda da mio padre, e che mi veniva infrapposto in maniera premeditata, da un’automobilista di quelli corrotti a questo, in cui cercavo di scappare da un dato punto, posto a trappola, il prima possibile, correndo verso una qualche via di fuga, con il fiato in gola, come fossi stata “un vero e proprio partigiano (di quelli autentici), che tentava di sfuggire ad un nazifascista”, in un identico scenario, dove lo stesso monumento in onere dei caduti del secondo conflitto mondiale, in quel parco di Molinella che dovevo attraversare, e che li evocava i tal episodi storici magnificamente per mezzo di me, attraverso questi colpi di mafia alla mia persona, che tutt’ora si manifestavano, quasi in modo del tutto casuale, se non paradossale, a distanza di un secolo esatto dagli stessi, lasciatomi alle spalle il sentiero pericoloso che obbligatoriamente dovevo passare, ci mettevo almeno un’ora a riprendermi.

Pertanto pure in quell’occasione lì, nel prevedere in quell’ennesima imboscata, la mia mafia, presi a rallentare il mio passo, avanzando molto guardinga nella direzione del camionista che se ne stava davanti a me con gli anabbaglianti sparati, alla stregua, di certe scene di film d’azione, o noir. Questo perché per poter io raggiungere nel minor breve tempo possibile la via Podgora, essendo stata a piedi, dovevo attraversare obbligatoriamente la via Rialto, in cui si trova per l’appunto, l’ingresso dello showroom del mobilificio sopracitato, e ahimè dove era situato qui in mezzo l’autotrasportatore indemoniato, in questione, che la “Madama”, mi riservava come sua ultima ritorsione.

Ma solo una volta a metà della stessa via Piave, quest’ultimo, volse all’improvviso, le luci del suo tir, da normali ad abbaglianti da avermi ad un tratto quasi accecato, tanto che mi dovetti arrestare improvvisamente perché capivo che questo, ne era il segnale che mi stava mandando, e dove egli sarebbe finalmente uscito dal suo parcheggio, snidandosi dalla sua efferatezza “per iniziare da quel momento a fare sul serio”. E a seguire mi incalzava in un sorta d’inneggiamento alla guerra, facendo a questa cosa, far ringhiare contemporaneamente il suo motore come se si sentisse il leone. Tuttavia avendo io già percorso per molti metri avanti quella stradina da non riuscire più a fare in modo di tornare indietro in tempo  – per la quale ragione sostanzialmente avrebbe lui atteso per un po’ da fermo nel suo cortile, per potermi studiare delle mie mosse, ed insieme enunciarmi posteriormente il suo proclamo bellicoso non appena fosse riuscito a mettermi definitivamente con le spalle al muro – , orbene, solo quando lo vidi dirigersi verso di me, venendo quindi il camionista in  oggetto incontro alla mia persona, volgendone il cambio di marcia in un altro ancora più grintoso, anziché voltare subito alla sua sinistra, a 90°, appena dopo, costeggiando il locale pubblico sopra menzionato, per immettersi direttamente nella via principale della zona artigianale, come mi sarei invece aspettata che facesse, capii che le mie sensazione erano state giuste. Una frazione di secondo per realizzare che me la dovevo dare a gambe levate, ritornando indietro dal punto in cui mi ero immessa dalla via della Circonvallazione inferiore, per prendere un’altra sua traversa, nonché parallela di quella stessa strada da dove provenivo – teatro del macabro fatto – , nella speranza che il camionista una volta che l’ebbe a percorrerla tutta fino al suo incrocio, poi avrebbe preso la direzione opposta alla mia, da così volergli ancora dare un’ennesima occasione di beneficio al dubbio in merito alla sua non piena integrità morale, che costui mi suscitò sin dal principio, ma come non di meno per poterlo in quel modo allo stesso tempo sbugiardare del suo vero intento, quando a conferma del disegno premeditato, ecco che l’autotrasportatore in una sentenza di condanna preannunciatami, si dichiarava ufficialmente a quella battaglia, con un altro colpo di scena, ancora; egli imboccando pure lui la via Volturno, in cui ero appena andata giù facendo appena in tempo a superare un paio di case con un cortile privato recintato, per ritrovarmi ora staccata da lui di circa 300 metri di distanza all’incirca. Allora cominciai a correre sempre più forte, mentre l’autotrasportatore dalla seconda marcia, ingranava la terza, e poi mandando su di giri il motore, mi rincorse ad una velocità spropositata, come per volermi investire, che prima che mi raggiungesse, feci giusto in tempo a tuffarmi con la pancia in una radura erbosa ancora bagnata dalla ruggine, con un qualche arbusto, che era in una rientranza di quel tratto urbano in cui mi trovavo, al fine di sfuggirgli; e dove, nella cui circostanza, sentì che le chiavi di casa mi erano nel frattempo uscite dalla tasca. Un rantolo che mi durò all’incirca dieci minuti per lo scampato ennesimo, pericolo, del momento, insieme alla soddisfazione che quella esperienza scioccante per chiunque, mi era già scivolata di dosso ancor prima della sua stessa elaborazione, che cercai di riprendere cognizione del tutto, e soprattutto di dove fosse andato a finire il sociopatico: “se ovvero si era tolto finalmente dal Czz.!!”. E non vedendolo più all’orizzonte, mi rialzai quindi da terra, per non perdere altro tempo al mio lavoro e andare in ufficio, senza riuscire a vedere nel buio pesto della notte le mie chiavi di casa, tanto che mi decisi di andarle a recuperare più tardi, in un secondo tempo, quando il sole fosse stato già alto.

Un altro giorno, di quelli, che era pomeriggio e camminavo lungo la via Piave per andare a scrivere dal babbo, lo vidi l’esemplare umano, che stava armeggiando fuori dal suo camion. Così che pensai di chiedergli delle spiegazioni. Egli da lontano in cui mi vide avvicinarmi sempre più a lui, si fece all’improvviso cupo in viso oltre che omertoso, e senza darmi segno di scomporsi, nell’accostarmi al termine a sua eminenza “lo stronzo”, così da potergli in questo modo parlare, mi rispose con una certa pacatezza che mi aveva visto correre nel riconoscermi questi a sua volta, ma che da parte sua, non ce n’era stata la ragione perché aveva preso quella mia stessa direzione semplicemente, per permettere al suo camion di scaldarsi meglio; cosa che immaginavo avesse detto del cui fatto; salvo però che nello scorgerlo, di seguito a quel fatto, un paio di altre volte ancora, per partire col suo camion dalla stessa base poco prima dell’alba, da quella volta lì, ebbe a fare delle manovre ben diverse da quella sopra descritte.

Vorrei inoltre aggiungere, che quando tornavo dai dei giri con la bici, in mezzo alla campagna, che facevo lungo le strade extraurbane della bassa bolognese, durante l’estate, dalla parte di Selva Malvezzi, lo stesso Tir, nel raggiungermi da dietro o nel venirmi a me incontro, mi strombazzava continuamente come per beffarmi, e pure questo fatto era al quanto bizzarro, in quanto gli altri camionisti che incrociavo, non me la facevano quasi mai tale cosa. E non credo affatto che questo comportamento sia da ricondursi a quello di un pseudo ammiratore qualsiasi, che cerca solo di corteggiarti… A contemplazione del fatto, quest’altro episodio, che costui mi era proprio stato corrotto!

LA VIA DELLA CIRCONVALAZIONE INFERIORE DA DOVE PROVENIVO

L’INIZIO DELLA VIA PIAVE CHE STAVO FACENDO PER ANDARE IN OFFICINA DI MIO PADRE, VERSO ALLA CUI FINE, MI ATTENDEVA IL CAMIONISTA IMPAZZITO

QUESTA E’ SEMPRE LA VIA IN OGGETTO, TEATRO DELL’EPISODIO, DOVE IL CAMIONISTA (DOVE QUI SI SCORGE IL SUO TIR IN FONDO ALLA STESSA IN MODO UN PO’ SFUOCATO) ASPETTAVA CHE ARRIVASSI A META’, PER POI COGLIERMI DI SORPRESA NEL VENIRMI INCONTRO “IMBIZZARITO” INVECE DI GIRARE SULLA SUA SINISTRA COME MI ASPETTAVO.

PARCHEGGIO DEL CAMION IMPAZZITO VICINO ALLA PIZZERIA E ALL’EMMEQUATTRO, DOVE SI VEDE BENE CHE LO SPAZIO PER GIRARE VERSO LA VIA PODGORA CE N’ERA A SUFFICIENZA

NEL TORNARE INDIETRO PER LA VIA PIAVE RISALENDO LA CIRCONVALAZIONE HO PRESO LA SUA PARALLELA CHE E’ LA VIA VOLTURNO. MA IL CAMIONISTA ANZICHE’ GIRARE DALLA PARTE DI NOBILI E PANCALDI A SINISTRA, DOVE IN QUESTA FOTO SI VEDONO DELLE PERSONE, HA GIRATO VERSO LA MIA DIREZIONE, IN SENSO OPPOSTO ALLE STESSE.

SEMPRE LA VIA VOLTURNO DOVE AD UN CERTO PUNTO IL CAMIONISTA SNIDATOSI DAL TUTTO,  PRENDE A RINCORRERMI ALL’IMPAZZATA E IN CUI IO AD UN CERTO PUNTO, MI BUTTO IN QUESTA RADURA ERBOSA, NEL MOMENTO STESSO CHE MI STAVA PER SUPERARE. 

https://www.youtube.com/watch?v=R3H4AA2wOx0