Difficoltà varie a tornare a casa dalla mia famiglia nel 2010

RIEPILOGO DELL’ULTIMA SCORRIBANDA FAMIGLIARE A GIUGNO 2010

Nella giornata del 22/06/2010 avevo fatto un salto nella casa dei miei a Molinella per un cambio vestiti che mantenevo nel mio armadio, in quanto ho lì la residenza anche se non ne riuscivo ad usufruire dell’abitabilità per colpa della sorella minore di 25 anni che dieci anni prima, in coincidenza con dei conflitti di lieve entità che ebbi allora con mia madre, ottenne di farmi uscire di casa attraverso l’ascendente di nostro padre che la stessa figlia più piccola aveva su di lui, insieme alla complicità remissiva dell’altro genitore che fragile economicamente, si trovava a favorirla in quelle situazioni, come già detto precedentemente. Ogni volta che provavo di tornare a casa, non a caso, perché avessi modo di poter stare con mia madre e irrompevo con Veronica – la sorella in questione – che usciva in quel momento, non se ne andava più via fuori per dispetto o faceva altri capricci simili dove la famiglia intera l’assecondava continuamente, in primis da parte del capo famiglia; quanto accaduto proprio per l’appunto nella mattinata di quel giorno che riporto nel dettaglio qui di seguito.

Prima di arrivare a casa, avevo telefonato alla mamma per avvisarla che tornavo per poter prendere dei vestiti, per via del brutto tempo che ci fu in suddetto periodo e che mi aveva colto inaspettatamente, previo suo avviso di via libera all’ultimo secondo perché la figlia piccola che doveva andare all’università non mi vedesse. Purtroppo avendo perso il cellulare della cui cosa le avevo già accennato, quando arrivai avevo suonato direttamente al citofono da dove lei mi aveva dato il tiro senza avvertirmi della presenza di V. su; quindi arrivai al terzo piano e varco la soglia di casa, con mia sorella minore che stava ancora lì in casa e che mi intimava di andarmene entro dieci minuti, giusto il tempo per sbrigare velocemente le mie cose. Poiché ero infreddolita, in quanto portavo addosso dei vestiti leggeri dopo quel improvviso calo delle temperature dovute al maltempo, contavo una volta a casa di poter rimanere almeno una mezz’oretta, giusto il tempo per scaldarmi un attimo, e prendere un caffè con mia madre che per questa situazione assurda, visto che non ho ucciso nessuno, riesco a vedere molto poco; perciò a quell’imposizione mi sarei ribellata col genitore dall’altra parte che invece di scoraggiarla, consentirle di farmi delle minacce fisiche nei miei confronti a cui ho tentato invano di sfuggire. Ad un certo punto, mi si è avventata addosso e nel tentativo di difendermi ho reagito di conseguenza, richiamando col trambusto la complicità dell’inquilino adolescente della porta accanto – il quale viene spesso a rosicchiare qualcosina in casa nostra, visto che la famiglia lo tiene a dieta – pertanto in due mi hanno trascinato fuori dall’uscio costringendomi a lasciar dentro casa le mie due borse con i miei effetti che quest’ultimo mi ha poi portato giù al bar, in un secondo tempo, pur di avere quest’ultimo la possibilità di continuare ad andare a scroccare a casa della mamma qualcosa. Mia madre anziché calmierare il tutto, ha solo esasperato gli eventi: prima, durante e dopo; ovvero quando Veronica mi ha minacciata che me ne dovevo andare entro il tempo da lei sentenziato, nostra madre le ha fatto eco anziché dare a me il modo di far le cose con calma. Durante l’attacco, ha invocato l’aiuto del vicino di casa, che così richiamato a rispondere non solo dai rumori, ha preferito in nome del suo stomaco a prestare alleanza a mia sorella. Infine quando ho chiamato i carabinieri, subito dopo essermi trovata fuori di casa che avevo già provato di far intervenire prima che scoppiasse il tutto, anche qui avrebbe confermato loro che ero io il problema, assieme a mio padre che nel frattempo mia sorella aveva chiamato dall’officina sapendo di poter contare su di egli, in un delirio di calunnie che si rimbalzavano l’uno l’altro nella più imperturbabile pacatezza di tutti quanti, mentre io dall’altra parte tentavo di espiarli della loro efferattezza ad una ad una alla stessa velocità con cui me le impallavano contro per farmi passare, quindi la pazza nel doverle io snidare in modo agitato – per questa ragione – della loro infondatezza, ciò a cui appunto ambivano essi in quel teatrino.

Appena ci ritroviamo in sei nella sala (due ufficiali dell’ordine, mia madre e mio padre insieme a me più la sorella minore), il babbo esordisce rivolgendosi a me: “Cosa gli hai fatto?”. Quindi gli rispondevo concitata a questo: “Veramente è Veronica che ha iniziato”, con quest’ultima controbbattere: “Non è vero, mi ha attaccato lei!” mostrando a tutti quanti un pizzicotto che nel difendermi gli avrei prodotto dietro la schiena. Aggiungo che l’unica e ultima volta che papà mi aveva difesa, perché l’aveva colto in fragranza di reato ad arrecarmi dispetto mollandole così un ceffone, la stessa insieme al coniato laureato in giurisprudenza da sempre ammaliato pure lui dalla sua personalità carismatica, è andato con lei a Ferrara per denunciarlo, benché la punizione fisica inflittale sapeva di essersela meritata; ma da allora quest’altro genitore forse intimorito, ha ripreso a portarle la parte.

Gli stessi funzionari benché mi invitassero ad essere meno esagitata mi hanno difesa, perché pur sempre loro figlia e come l’altra anch’io avevo il diritto a venire a casa, con mio padre che lo sentì mentire che dieci anni prima fa fossi stata io ad essermene voluta andare quando sono stati loro ad avermi cacciata perché facevo le pulizie a cui nessuno voleva adempire; Veronica, dall’altra incalza: “Va bene, rimani qui per stasera ma in officina ci vado io”. Contrabbatto : “No, qui dalla mamma coi pakistani in condominio non ci rimangoSe dovessi rimanere stai tu qua.” Con lei: “No, perché tu là ti fai i cazzi tuoi..”. “In che senso?” Riprendo. “Ti porti i clienti dal babbo, abbiamo visto un giro di persone andare da lui per cercarti..” Millanta…Qui mia madre mi tiene la parte: “No, Carla non li ha mai portati.. Ho già chiesto ad Atti (il proprietario del capannone in affitto di mio padre), se ha mai visto qualcosa o qualcuno di strano….”

Ciò di cui sopra è solo una parte delle bugie e cattiverie che continuamente mi sono sentita sferrare addosso dalla famiglia intera, per cui da uno dei due carabinieri da cui venni presa da parte mi era stato garantito che mi avrebbero aiutata in qualche modo, perché avevano inteso a monte il vero problema era dato da quei genitori che hanno provato a far ragionare. Mio padre è stato invitato ad andare più tardi a produrre una versione dei fatti, dove sicuro mi avrà calunniato come già in passato quando abitavo a San Lazzaro e scappai a Lucca, poiché continuavo a venire violata al domicilio dall’uomo di Prodi; difronte ai carabinieri di quel comune, aveva prodotto un esposto di mia scomparsa dove asseriva che avevo dei problemi di doppia personalità in quanto a volte ero normale, altre volte no e quindi venivo seguita dai servizi. Era tutto falso, ma sapendo che nel ruolo di padre premuroso sarebbe stato certamente creduto mi sporcò volentieri poiché lo stesso papà da sempre, nutre una profonda frustrazione nei miei confronti, in quanto i problemi con cui convive da una vita e che trasmise culturalmente a me da bambina, io li superai attraverso l’analisi psicoterapeutica che mi autofinanziai da sola andando dai 14 anni a lavorare; pertanto dei miei risultati ne era – a giusta ragione – invidioso. Nei servizi di igiene mentale ci andai un anno solo perché non avevo soldi per lo psicologo privato allora, ma non trovandomi bene e risolvendoli non ci andai più e di questo ne era al corrente.

Dopo quattro giorni ritornai per un altro cambio vestiti. Stavolta Veronica si trovava già in macchina per andare al lavoro, ma dal cortile in cui mi vide arrivare, la sera minacciò mia madre che se mi avesse vista nuovamente non sarebbe più venuta a casa lei. Quindi la mamma mi chiamò al telefono tuonandomi di non presentarmi più a Molinella. Chiamai da Bologna i Carabinieri, per fissare un appuntamento col maresciallo e in quel mentre vengo a sapere da chi prende la mia chiamata che una pattuglia era stata appena chiamata in via Cesare Battisti, 46 dalla stessa sorella che faceva ora pagare quel capriccio a mia madre (la vera vittima). Quella stessa mattina in cui avevo fatto ritorno, mi sono ritrovata a urlare nuovamente perché da dietro la porta della sua camera da letto dove mi stavo vestendo, raccontava a voce alta all’idraulico in bagno che faceva un’ intervento, che ogni volta che venivo a casa dovevano chiamare i carabinieri per stuzzicarmi apposta e rispondere a quella provocazione in modo che intorno mi vedessero o mi sentissero come una matta. Di conseguenza, furibonda me ne uscì gridando: “Bugiarda! Sono io che mi trovo a doverli chiamare sempre…” Con Rosa, la mamma dell’inquilino che mi aveva messo le mani addosso, e che si trovava già sul luogo a farmi minaccia con la sua presenza in casa mia.

Lo stesso che mi ascoltò al telefono mi rassicurò che avrebbe invitato i colleghi a spegnere i toni su quanto stava accadendo in casa tra la mamma e la figlia minore rimaste sole, per quel ennesimo intervento sul posto.