Altre Precisazioni di seguito all’esposto di ottobre

molinella mia casa e piazza

LA PALAZZINA ROSSA, E’ LA DIMORA IN PIAZZA MARTONI DOVE IO E MIA MAMMA ABBIAMO ABITATO

Ad un certo momento, scorgendo dei ragazzi (una ventina più o meno) davanti alla fontana del municipio che facevano baldoria, provai di invocare loro aiuto perché mi aiutassero a stanare la persona dispettosa che si nascondeva dentro al “Banchieri”, ma la sorella minore famosa che ritornava dalla piscina in quel momento, mi vide da poco lontano facendomi segno di ritornarmene a casa “come lo si fa con un cane”! E una volta che si avvicinò a me, mi allontanò con lo scudo del suo corpo (Veronica è un po’ più alta di me), impedendomi così di spiegarmi. Avvertì la minaccia alla mia incolumità personale visto che questa sorella gode di una certa influenza in famiglia, e che non è certo farina del suo sacco, essendosi fatta questa buona reputazione sul mio stesso sangue, dove qui è sempre dalla mamma che è stata incoraggiata nel suo atteggiamento autoritario, pur essendo lei in verità quella ad avere dei problemi con me nel non portarmi alcun rispetto, che sono sua sorella più grande, per colpa soprattutto di mia madre che me l’ha tolto;  pertanto la assecondai mio malgrado facendo capolino alla mia abitazione nella quale vivo con quest’ultima, dal momento che anche le persone alle quali cercai di chiedere soccorso, le avevo trovate piuttosto alticce di alcool. Del resto pure io nell’essere andata fuori in pigiama, non potevo certo pretendere che mi si desse ascolto in qualche modo.

Raggiunto il mio domicilio, la sorella in questione che come ho  già accennato vive per conto suo, suonava al nostro campanello, con mia madre che le apriva e da dove poco dopo, si faceva raggiungere da mio padre che aveva chiamato col cellulare (domiciliato pure lui altrove) e che tre anni fa mi aveva internato in una clinica psichiatrica per quel piccolo dispetto di lieve entità che avevo fatto ai pakistani e ai napoletani, nell’aver buttato dell’olio da cucina sul vetro della loro auto, dopo che essi mi avevano costretta a subire ogni genere di cattivo odore provenire dall’appartamento in cui abitavano tutti insieme fino a dodici componenti, sotto al nostro di allora (vedi cap. 3), perché ella sapeva bene di poter contare sulla sua azione repressiva nei miei confronti; il quale, infatti, cercò di picchiarmi senza prima interpellarmi su quello che era accaduto, come fa ogni volta; ma all’ultimo lo vidi che s’intrattenne, per via di una minaccia orale di denuncia che gli inveivo contro gli avrei mosso, pur avendomi lui inchiodato lo stesso con la forza delle sue mani ad una poltrona. Veronica, allora, contattava i Carabinieri di Molinella, per richiamare a sè un ulteriore forza, tanto che mi sentì in pericolo, al punto di dover io fuggire via da lì. Quando però scesi le scale, quest’ultimi si trovavano già in fondo ad esse, con la sorella piccola che li raggiunse per potermeli “infinocchiare” contro, circa il fatto che ero una psicolabile e che dovevano chiamare la Guardia Medica. Pertanto, a questo punto, tuonai a costoro che avrebbero dovuto ascoltare pure  a me, raggiungendoli quindi al piano terra dove li portavo fuori dalla porta, per raccontare loro brevemente la mia storia di mafia, e di come la famiglia si fosse resa complice di molte delle ritorsioni che avevo subito a Bologna. La borsa con tutti i miei documenti era però rimasta in casa, ma essendo stati Veronica e mio padre, entrambi, dentro, non potei recuperarla, per infine trovarmi costretta a scappare, incamminandomi a piedi verso Bologna priva di alcunché (soprattutto di soldi) e per giunta mezza influenzata, pur di allontanarmi da lì.

Sarà verso Budrio, via mezzo Selva Malvezzi (Bo), che dopo aver sentito una campana battere i rintocchi della mezzanotte nel buio pesto della campagna, un passante alla guida della propria autovettura mi darà uno strappo in città per andare a svernare il resto della notte al Pronto Soccorso dell’Ospedale Maggiore come quella seguente con richiesta di una tachipirina (vedi certificazione).

Preciso la seguente cosa, che il mio essermi dilungata sui rapporti coi miei famigliari è stato necessario al fine di far comprendere meglio ciò che di grave è successo, veramente, quel giorno con i miei stessi parenti, e le ragioni sottese di ciascun membro, per le quali mi si scagliarono addosso in quel modo: dietro ovvero ad una sorta di apprensione nei miei confronti agli occhi degli altri, in virtù della quale cosa si nascosero dei loro veri rispettivi conflitti personali, con la sottoscritta medesima o interessi ognuno di mia soppressione. Il padre, in nome della venerazione per la figlia minore verso la quale pende dalle labbra, unitamente ad una remota e mai risolta completamente, frustrazione con me, che gli sono scivolata da sotto i piedi per un problema che ci accomunava ambedue, e che assieme alla sottoscritta medesima viveva con una certa consolazione; mentre invece da parte della sorella famosa per la motivazione, che quella abitazione in cui abitavo con la mamma, non dovessi considerarla “casa mia” non andando io a lavorare come lei; le chiesi dunque se non avesse tollerato per caso il fatto che “ella” pur percependo un buono stipendio, non riuscisse comunque a disporre di tempo e denaro sufficienti per vivere dignitosamente, al contrario di me che godevo invece dell’abitazione di nostra madre (del cui immobile mi occupai dal tempo del nostro trasloco dall’abitazione precedente in via Cesare Battisti, 46, e che scelsi come nuova sistemazione per la mamma, avendo iniziato quest’ultima ad accusare dei problemi di salute e quindi ci fosse stata l’esigenza di essere stata comoda ai servizi) e della quale mi sto tutt’ora prendendo cura, senza tuttavia “sbattermi” come fa la sorella succitata, con risposta sua affermativa.

PROBLEMI DI DEMENZA SENILE DI MIA MADRE AL PRIMO STADIO

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