Capitolo 3: LA MAFIA CHE ABBRACCIA QUELLA MIA FAMIGLIARE

ESTATE – AUTUNNO 2012. Di seguito all’ennesima trappola che mi tesero gli adepti della mafia, in collaborazione con chi di corrotto a Molinella, non appena ritornai ad abitare da mia madre, e dentro cui fui irretita perché mi venisse disposto un altro TSO (il secondo), al fine di rendermi nuovamente fragile psicologicamente parlando, agli occhi degli altri, e quindi per farmi perdere ancor più di credibilità fra la mia gente, rispetto a ciò che raccontavo mi era accaduto a Bologna, e soprattutto per quello che ebbi modo di scoprire attraverso le diverse e innumerevoli ritorsioni che dovetti subire con il mio abbracciamento alla stessa mafia, ci impiegai quasi due anni a riprendermi. Lo shock fu dovuto al fatto, che stavolta, alcuni rappresentanti delle Istituzioni locali, complici della messa a punto di un piano ben determinato nei miei confronti, consistente in una serie di molestie da cui fui vessata, da parte di certuni, rendendole all’apparenza circostanziali, e il cui disegno era stato preordinato dall’alto, coinvolse subdolamente anche taluni dei membri della mia famiglia, facendosene di queste torture, addirittura parte in causa; RUBRICA RACCAPPRICIANTE DI MIO PADRE, CON TUTTI I NUMERI DI TELEFONO DELLE ISTITUZIONI NEI SUOI RAPPORTI CON ESSE come per l’appunto a questo riguardo, la figura di mio padre che mi aveva già interdetta da tempo, alle Autorità cittadine in generale, e in special modo a quelle di San Lazzaro dove andai ad abitare tra il 2000 e il 2003, ma il tutto avvenne anche per mezzo della sua compagna (l’ex sindaco del paese di Molinella) che, invece, dal canto suo, diramò molto probabilmente fra i suoi stessi colleghi dell’amministrazione comunale che rappresentava l’idea che fossi stata sin da piccola una persona che aveva avuto dei problemi: la quale calunnia, si ebbe in virtù dell’imposizione di costei nella mia vita, avvenuta nel momento stesso, che il suo legame amoroso con mio padre si consolidò maggiormente, durante il passaggio dalla mia infanzia alla pubertà, benché solo da adolescente fui costretta ad uscire con lei e il papà assieme, benché solo qualche volta, fortunatamente, quando ovvero la loro relazione era ormai “bella” pubblica, dopo che la mamma lo mise definitivamente fuori dalla porta, se io volevo godere della compagnia del babbo, che a causa del lavoro pesante che svolgeva, ritornava nell’abitazione di sua madre – mia nonna paterna, con la quale continua tutt’ora a vivere da allora – , unicamente alla sera, quando in ivi vi rientrava, pertanto spesso andavo a cenare da loro proprio per questa ragione, e che come casa era comunque attaccata a quella del mio ex condominio, di conseguenza lo vedevo, praticamente, tutti i giorni dal balcone, per non averne sofferto in alcun modo di questo suo allontanamento dal tetto famigliare, “anzi”… Perché in realtà fu proprio dal tal periodo, che iniziai a ricostruirmi lentamente dentro; ma il fatto però di non riuscire più a poter trascorrere qualche momento, sola, con il mio babbo, in sua compagnia, come lo facevamo una volta, senza essere io costretta a dover subire la presenza anche di questa figura di donna a me estranea con la quale, mi costrinse implicitamente a relazionarmi perché da quella volta là, non mi era stato ancora possibile, di stare insieme con il papà, in maniera esclusiva, l’ebbi per la motivazione che così lo aveva deciso egli, nonostante questa mia esigenza arrivai a esprimergliela direttamente a voce, con risposta negativa da parte sua; e quindi, per dirla tutta, se da piccola avevo avuto dei problemi, fu semmai proprio per colpa di questa loro relazione, sotto gli occhi di tutti i compaesani, benché in principio, essi fossero stati un po’ più cauti nel vedersi. Ad ogni modo, ciò, si ripercosse primariamente sulla salute psichica di mia madre, che si vedeva ritornare a casa il marito come se niente fosse, dopo che in molti abitanti del paese, lo avevano visto assieme ad un’altra donna, informando la mamma della quale cosa, che la esaurì a livello nervoso progressivamente; finché un bel giorno arrivata la mamma ad aver fugato ogni suo dubbio sulle “corna” che portava, prese a cominciargliene a chiedere conto, quando il mio papà rientrava da fuori, e in cui lei fosse stata certa del suo tradimento, mentre il marito, in pronta risposta, le dava della pazza, per poi dopo rivolgendosi a me, in un secondo tempo, che ero una bambina di circa sette anni, come per volere dei testimoni a sostegno di questo fatto, domandandomi con sinistro divertimento, in un nuovo gioco, che creava appositamente per me, al fine unicamente di rifuggire dalle sue responsabilità coniugali, dove quindi mi coinvolgeva a partecipare in quella discussione con sua moglie “… se era vero che avevo una madre che era pazza”, annuendo io, timidamente, con quella seduttività infantile dei fanciulli, e che è tipica dei rapporti coi grandi, in realtà, più per adesione a quel nuovo intrattenimento, che per conferma al tutto, pur di trarlo alla mia rete, che ero in piena fase del periodo di percezione del tipo di genere d’appartenenza, e pertanto di relativa attrazione verso il genitore del sesso opposto al proprio; in questo modo, la mamma, vedendosi continuamente umiliata, dal coniuge, mancò conseguentemente, a me, in attenzioni emotive, per via di questo costante delirio famigliare in cui era perennemente una vittima, e che si consumò per un lungo periodo, cominciando esso dalla mia nascita, e che lo visse da sola nel più completo silenzio, presa com’era quotidianamente da quel tradimento coniugale, fino a quando non si concretizzò pienamente alla luce del sole, ma che durando per tutto il corso della mia infanzia, mi rilegò al termine ad un leggero pseudo autismo durante i miei primi cinque anni di vita, scambiato però da ciascun componente famigliare inizialmente come un vago ritardo mentale; e questo adulterio, si protrasse appunto fino a che lei non si decise finalmente di cacciarlo da casa, quando io ebbi avuto ormai sedici anni. Pertanto, nei miei primordi, in cui il babbo cercava “di stare con due piedi in una scarpa”, pur non rendendosi conto del pasticcio che creava, mi danneggiò biologicamente durante la mia crescita, minandomi di riflesso la mia resa scolastica che fu al quanto scarsa, nei primi due anni dell’elementari, e nel quale periodo, quello anche  del passaggio dell’atteggiamento “IO NON SONO OK – TU SEI OK” a quello “IO SONO OK – TU SEI OK” (si veda in merito l’analisi transazione di Berne, ndr) in cui gli chiedevo al tempo delle conferme positive al mio riguardo, poiché ne soffrivo abbastanza di questa mia inefficienza scolastica, e questo fatto perché paradossalmente, mi sono sempre sentita più avanti degli altri, il papà anziché promuoverle in me, mi scoraggiava ulteriormente, dicendomi che io e lui non eravamo nati intelligenti, e che dovevamo accettarlo, senza mai essere riuscito a convincermi più di tanto di queste sue idee preconcette a tal proposito che aveva su certe questioni (e si noti che il tal soggetto, avrebbe più avanti, interdetto alle Istituzione, la mia figura di persona, come affetta da patologie mentali… MA PRODI ED E.I, CHE MI FATE, VOI!!!). Non a caso, il rapporto extraconiugale, tra mio padre e la sua attuale compagna, era nato proprio in coincidenza della mia precisa venuta al mondo (anche se mia sorella maggiore, di recente, mi avrebbe detto che in verità avvenne già da quando esisteva lei, e questo fatto lo siamo venute a conoscere, con precisione, in occasione di una ricorrenza celebrativa degli anni trascorsi del babbo, insieme a questa donna), generando dei problemi oltre che alla mia persona, pure agli altri componenti della nostra famiglia, in senso più largo, che si estesero, particolarmente, in alcune delle dinamiche comportamentali alterate fra gli stessi membri, facentevene parte, nelle loro transazioni con essi, ma che si ripercossero, le suddette devianze o alter – ego – degli altri particolarmente in su di me; e questo, forse, per il fatto, che venivo vista, quella più fragile (come quando per esempio, innalzarono di potere, mia sorella minore di undici anni di differenza da me, senza alcun senso, che fu la causa della mia uscita di casa, quando avevo venticinque anni, solo per aver cercato di aiutare mia madre ad assolvere a quelle faccende domestiche in cui lei smise di adempiere, totalmente, perché cominciava a dare i primi segni della malattia nervosa dalla quale è affetta oggi: la demenza senile; quelle pulizie, che lei non voleva che si facessero. Pertanto come Cenerentola fui messa alla porta per sì detto fatto, da mia sorella minore che aveva al tempo quattordici anni, e della cui questione, non gli importava affatto, se non per rivalersene come pretesto, per farmi uscire di casa, da così aspirare ad avere il territorio tutto per sé, nel caso fosse riuscita ad allontanarmi da lì, e dove insieme alla stessa mamma, in totale complicità, un giorno, mi picchiarono, “in quanto a loro dire la casa andava bene così”; e il tal fatto traumatico, che io ebbi a subire, lo vissi, unicamente, per la suddetta ragione di essermi voluta prendere cura di questo genitore, che la mia persona, prima, di tutti gli altri componenti della mia famiglia, aveva intercettato aver avuto bisogno del mio aiuto, essendo la sottoscritta medesima un’ipersensibile, ecc.); anche se comunque quella che più di tutte le figlie, ha risentito dei problemi coniugali di mia madre e di mio padre, tanto da essere stata inibita sul nascere, dallo svilupparsi psichicamente e cognitivamente in modo sano all’inizio, fu appunto la mia persona; mentre al contrario, le altre mie due sorelle nascendo in due momenti più favorevoli, della storia della nostra famiglia, ne furono quasi schivate dai contraccolpi dei conflitti dei nostri genitori, visto che il tutto s’innescò particolarmente durante il corso della mia infanzia, dove a questo si aggiunsero i miei stessi genitori a peggiorarmi la situazione, nel mettermi in atto dei comportamenti sbagliati di tipo grossolano, quando essi si rapportavano con me; e a denotarsi questa mia considerazione, in special modo, dai rispettivi rendimenti scolastici delle stesse mie sorelle, a dimostrazione del fatto di non avere queste subito alcun patimento da ciò. Soprattutto in ragione di quello dell’ultima figlia, che godette degli errori che i nostri genitori fecero con me, per redimere lei totalmente da quanto invece fu riservato alla mia persona. E dove insensatamente, ella, venne fatta spacciare da tutti loro, come quella, nata lei biologicamente molto intelligente, a dispetto invece della sorella in oggetto, quando in verità, ero stata, io, in primis, ad aver contribuito a questo risultato, e “culturalmente”, attraverso cioè delle metodiche relazionali, nell’aver cercato soprattutto di fare in modo che quello che subì, non dovesse viverlo anche questa sorella, come l’assenza di attenzioni, di carezze emotive, fisiche, ecc. che quindi non le risparmiai certamente e delle quali fui prodiga verso la piccina (ma di questo mio merito, sono stata addirittura colpevolizzata dalla stessa consanguinea, in modo bischero, più avanti negli anni, senza alcun riconoscimento di benemerito al riguardo nei confronti della mia contribuzione alla sua sana crescita; peccato però che le sue pagelle parlassero chiaro dell’esatto contrario al tal proposito, visto il modo incisivo in cui io ottenni che la piccola di casa ne fosse esentata il più possibile dalla follia di quei nostri genitori in comune … , e quest’altra, figura, umana, di cui sto parlando, porta il nome di Veronica, la quale oggi, grazie alla massoneria, di cui sono fatta a segno, io, e in virtù particolarmente dei fatti sopra esposti relativa alla mia uscita di casa, di cui la sorella in questione, è responsabile, la medesima mafia, viene invece a lei mossa a poppa, godendo quindi costei, nel paese di una ragguardevole reputazione: la quale, si sappia bene miei cari molinellesi, che la deve tutta al mio sangue, per via appunto di molti massoni nella città compensati in denari a promuoverla sia nelle sue relazioni che nel suo lavoro, affinché si evinca il divario tra me ed ella: “E VA MO LA’ ROMANO PRODI”); quell’altra maggiore a me, invece, è più diplomatica, ma non meno carognosa, essendo stata, invece, quest’altra, addirittura totalmente assente durante i miei primi anni di mafia, in cui cercavo di farmi giustizia con le Istituzioni per quello che stavo subendo, poiché avendo sposato, ella, un uomo laureato in giurisprudenza, non mi ebbe mai a soccorrere minimamente, per mezzo di questo, ma anzi allo stesso suo coniuge, mi vendette in malo modo sin dall’inizio della sua relazione con lui, e quindi a maggior ragione in seguito a mia mafia abbracciata, nonostante, in paese, alcuni massoni la chiamano “la moglie dell’avvocato”, pur non avendo preso, costui, l’abilitazione alla professione di legale, per permettersi di farsi chiamare in quel modo. E dove in seguito la mafia di Prodi, lo corruppe pure lui a farmi subire la sua massoneria, consistente nel parlare male di me a chi non mi conosceva (vorrei dire a questo riguardo, che io ed il mio cognatino ci siamo parlati ben poche volte, e questo per l’invidia di mia sorella grande dettata dal fatto che al tempo ero ancora molto bella nell’aver temuto, forse, lei, di poterlo perdere per colpa di questa mia avvenenza, facendomi dunque stare il più possibile lontano da egli, per saper costui cose di me da potervi parlare della mia persona in modo referenziale), insieme a quella di altri parenti acquisiti, come il marito di una mia cugina, che invece questi mi molesta proprio, continuando dunque tutti loro a promuovere Veronica, perché la mia voce non avesse mai un peso, insieme all’opera massonica persino di alcuni amici di famiglia che vennero reclutati a rivolgersi a me in modo tendenzioso alla presenza di altre persone, se mi fermavo a salutarli (es. “Stai bene, Carla?”, “Ti stai curando Carla?”, con un tono forte di voce, perché gli altri vicino sentissero, ecc.), mentre per ritornare all’altra mia sorella minore, a contemplazione di questa falsità, quella ovvero della diversità biologica, tra di noi, per poterla premiare, la mia mafia, anche del fatto che mi aveva messa fuori di casa, come già detto, ma soprattutto, al fine di giustificare al mondo la tal cosa, di essere stata cacciata di casa, a giusto titolo, a questa, le fu riservato ogni onore, ma prima su tutto il resto, in ragione della cosa che ero una testimone di un assassinio, come di altre cosette, potendosi avvalere pertanto la “madama” di questa faida che avevo già in casa.

… E RIVA’MO’LA’ “LA MIA MAFIA DI MERDA!”

Da qui tiktokiani o utenti in genere lo devo ricorreggere: a’ son stoffa!

Ma per ritornare ai miei traumi dell’infanzia, da piu’ grandina, nel mio tentativo di recuperarmi dai postumi di un pseudo autismo nel quale mi si fece cadere da piccina, piccina, mi ritrovai ad un certo punto, durante l’adolescenza, la contrarietà di mio padre a sostenermi economicamente difronte alla mia richiesta di voler ricorrere alla psicoterapia, in quanto allora, pur di non darmi i soldi, si giustificò con la scusa  “che non ne avevo bisogno, perché gli psicologi erano dei succhia quattrini”, ma che io feci lo stesso, comunque, attingendo ai miei primi risparmi che misi da parte, all’età di quattordici, nell’iniziare al tempo ad andare a lavorare; mentre più avanti negli anni, per redimersi lui da un lato da ogni responsabilità di aver contribuito lo stesso papà, ad avermi fatto andare incontro alla mafia, mi darà successivamente in pasto all’U.s.l di igiene mentale, nel riferire delle falsità sul mio conto, agli operatori di un dipartimento di Budrio, dove presenziava ciclicamente alle riunioni dei genitori delle persone affette da disturbi mentali in cui veniva convocato, di seguito alle mie prime denunce ufficiali alle Autorità, che il loro intervento lo avevano fatto scattare (anche se questa si chiama mafia legalizzata), facendo il papà in questo modo risultare nel tempo sulle carte, che io fossi stata sotto di esso, da lungo tempo, quando, invece, nello stesso CSM, vi andai per mio conto, da sola, per due anni, e basta (1998 – 99), senza ritornarci mai più, ma unicamente per voler parlare con un semplice psicologo, in verità, e non con uno psichiatra, perché non avevo più avuto allora i soldi per l’analisi privata, come già detto precedentemente; e dall’altro lato, mio padre, vi ricorse alla stessa U.s.l medesima, anche per approfittare del servizio pubblico di igiene mentale per farsi lui per suo conto della psicoterapia mascherandola dietro a me (e questo è mio padre, un fottuto sì lavoratore, ma una bella merda come papà), essendo difatti il babbo, stato un figlio senza riconoscimento del padre biologico, e che probabilmente come cosa non aveva mai elaborato del tutto, anche se egli diceva il contrario (dai diari amnesici che lo attengono come mio padre nei miei confronti, che si evincono).

Capite ora meglio, la morsa “di merda” delle due mafie nelle quali sono avvinghiata?

Tutto questo, sortì la mia tragedia personale, che nessuno mi desse mai ascolto su quanto andavo denunciando da ormai diversi anni, riguardo a delle violazioni di domicilio e ad altre molestie che il personaggio da me segnalato a Bologna, a più riprese, mi continuava a far subire con il coinvolgimento di sempre più individui; pertanto le persone colluse all’interno delle Autorità cittadine, e il completo disinteresse o il  pieno cinismo dall’altra, da parte del babbo con la sua compagna che mi si cominciò a delinearmi più lucidamente del suo coinvolgimento con la mafia, proprio alloquando ritornai a casa a Molinella, ottennero di non farmi riscuotere alcuna udienza da quelle persone delle Istituzioni rimaste ancora pulite, come anche di non venire creduta in generale dalla gente comune, e anzi, rilegandomi alla derisione di tutti quanti. O meglio ancora, comportandosi nel suddetto modo, il papa’ e la sua donna, vollero tacitare di proposito la mia tal gravosa situazione personale, nella quale ebbero, entrambi, delle colpe, indirette, e che per detta ragione divenne “una vera e propria omissione di soccorso” nei miei confronti, affinché le persone ignare di tutto, non venissero mai a sapere di questa loro compromissione più o meno implicita, poiché essa comporto’ l’evolversi di una mia tragedia personale svoltasi a Bologna, in prima ragione, per colpa appunto di questa loro particolare assenza nella mia vita, come non da meno di quella dell’intera mia famiglia (come da parte dei membri acquisiti: compagna del papà, il mio cognato avvocato e il marito di mia cugina): la quale cosa, risale agli albori delle nostre conflittualità famigliari, che determinò in una certa misura quello che mi accadde in seguito. Mi riferisco, in particolar modo, al periodo in cui la famiglia mi mise fuori di casa a venticinque anni perche’ facevo le pulizie di casa a mia madre, cui aveva totalmente smesso di adempiere, per un suo esaurimento nervoso allo stadio iniziale a causa della relazione extra coniugale del babbo protrattasi nel tempo, che io per prima (essendo una persona altamente sensibile) colsi come comportamento anomalo, in lei, pertanto cercai di soccorrerla amorevolmente, ma che fu proprio questa sua crisi, a mio stesso danno, visto che per colpa di mia madre, dal momento che fu fisicamente poi lei ad avermi messo alla porta anche se contemporaneamente all’assenteismo di tutti gli altri  membri, mi ritrovai poi in strada, per aver solamente io tentato di aiutarla, senza una giustificazione plausibile, e senza venir soccorso da alcun famigliare nel darmi un posto dove poter dormire; e abbandonandomi quindi tutti quanti, al mio destino, perché allora non avevo avuto né dei soldi da parte, per un alloggio di mio gradimento, né tantomeno un lavoro con cui potermi mantenere e al contempo salvaguardarmi da dei presunti malintenzionati, ai quali presto andai perciò incontro, proprio per questo stesso fatto che mi ero in definitiva ritrovata completamente allo “sbaraglio”. Sulla cui questione, mio padre dirà in seguito a tal proposito, mentendo consapevolmente, come è sua abitudine, “che ero stata io ad essermene voluta andare via da casa al tempo”, e “che noi figlie siamo la cosa più importante per lui” ad un ufficiale, tanto da avermi fatto accapponare la pelle! Come si comportarono allo stesso modo di mio padre e la sua donna, anche mia sorella maggiore assieme a suo marito avvocato, che certi membri della famiglia – soprattutto mia madre – sin dal principio, mi impedirono di avvicinare quest’ultimo per potermi da lui fare aiutare, e che alla fine mi misero contro raccontandogli delle frottole su di me (infatti, un giorno dopo venti anni di continue ritorsioni mafiose, nel presentarmi al termine sul suo posto di lavoro, senza mettere al corrente la famiglia, durante la sua pausa pranzo, mi ebbe così a ricevere: “Bé cosa ci fai qui? Chi ti ha fatto entrare? Vai via subito!” non consentendomi neppure di proferire una parola; questo fatto dal gran che me lo “infinocchiarono” a me contro, e soprattutto perche’ dalla mia mafia me lo corruppero al termine, allo stesso modo in cui lo fecero con la donna di mio padre, che agli occhi del babbo, mi sviliva sempre di valore nel dirmi la cosa che da parte della mia mafia, io, non potessi sortire tutta questa importanza); e i cui parenti serpenti, avevano avuto tutti quanti in comune fra loro, lo stesso atteggiamento di tipo dissuasorio verso i propri corrispettivi conoscenti a non prestarmi fede, se qualche d’uno di loro, a cui era giunta voce ciò che mi era successo qualcosa, si voleva informare più nel dettaglio su di me, per mezzo di questi; inoltre, il medesimo comportamento assunto da più fronde parentali (fin da mia nonna, mia madre e la sorella minore), quello ovvero di non accettazione a priori rispetto alla mia incredibile capacità di sopravvivenza a tutto cio’, avendo scatenato da parte mia di conseguenza una spiccata reazione di estremo auto-controllo agli accadimenti devastanti da cui fui travolta (VEDI JPG DOCUMENTO, DOPO QUELLI DI JPG DEI MESSAGGI NEL CELLULARE), una altrettanto al pari comprensibile invidia dall’intera famiglia, che pero’ si era ahimè riversato il tutto come al solito a mio torto, trasformandosi ,in seguito in un sentimento di ostilità nei miei confronti da parte di tutti i suoi membri. Soprattutto, il succitato, e patetico, atteggiamento sopra menzionato, quello ovvero di smontare preventivamente ogni sorta di apprensione dei conoscenti nei miei riguardi, su quanto dissi che mi era accaduto, lo deve aver avuto particolarmente come già detto la compagna di papà, col Capitano della Municipale di Molinella; al cui funzionario dell’Ordine pubblico chiesi primariamente aiuto, io stessa, nel periodo che abitavo ancora a San Lazzaro (avendo avuto la residenza pure lui qui, sebbene egli lavorasse al tempo a Molinella), allorquando iniziai a venir intensamente disturbata in quel comune di riferimento, nel credere allora che costui fosse una brava persona, mentre da costui, venne in questa maniera trattata: “Ma stai serena, e prenditi un bel gelato da Gianni!” col fare sornione e goliardico di chi asseconda una pazza, o almeno così credevo al tempo, visto che più tardi compresi che era in un linguaggio massonico di “chi” sa di essere insospettato della sua “truffalderia” e di stare quindi in una botte di ferro. Il quale ultimo, approfittando di questo mio ambiente famigliare in cui mi volevano tutti “malata”, gli fu poi facile mettermi a segno, in un secondo tempo, più avanti negli anni, il trattamento psichiatrico obbligatorio sopracitato, attraverso una molestia premeditata che il Comandante, mi fece far subire per mezzo di alcuni uomini, subalterni ad esso, per ordine preciso di certi suoi diretti superiori, una volta che rientrai al paesello. Tutto ciò allo scopo che prima o poi “sbroccassi”, ed egli avesse pertanto, il pretesto finalmente di spiccare il mandato di farmi internare in un ospedale psichiatrico tramite l’assenso di mio padre, su cui si contava caldamente, affinché la questione di Romano Prodi che avesse dato il consenso a farmi molestare da un suo collaboratore cadesse nella non credibilità ed insieme nella sua derisione sul nascere..

L’unica consanguigna che mi aveva quasi sempre difesa, benché in modo altalenante dovendo dipendere dall’assegno del marito, e anche a causa di certi suoi problemi coniugali con il medesimo per cui non ebbi da questa continuativamente il suo appoggio, e che sfociarono in un suo esaurimento nervoso, soprattutto dopo quello che subii a Bologna nel più completo assenteismo da parte dello stesso papà, era stata appunto mia madre. Accadde, dunque, che laureandosi mia sorella minore, la quale terminati gli studi se ne andò finalmente ad abitare altrove – essendo stata, infatti, lei la vera ragione per cui non potei usufruire dell’abitazione di famiglia come invece la stessa sorella – , io ebbi di nuovo il consenso di ritornare a casa, dopo anni d’esilio tra alberghi (vedi tutte le ricevute al cap. 40) immobili ad uso residence molto cari (vedi cap. 14) e qualche convivenza (vedi cap. 13/26) in quanto: “Veronica doveva studiare“; ella, non a caso, aveva strumentalizzato fino ad allora la mia prostituzione in cui ero incorsa per colpa sempre di costei, poiché avendomi la mia mafia fatto perdere il mio lavoro da costringermi ad essa, “la merda in terra”, in questione, impugnava ora sìdetto fatto per impedirmene nuovamente l’ingresso; questo, in realtà, per continuare ad avere tutto per sé il territorio in cui viveva sola con la mamma, e quindi poter fare quello che le pareva, facendo leva su un’ascendente che in qualità di figlia “più piccola” esercitava su entrambi i miei genitori come non di meno potendo contare questa mia sorella sulla loro ignoranza. E ancor prima a questo, antecedentemente alla prostituzione, Veronica ottenne come altra scusa pur di farmi stare lontano dalla famiglia, la cosa che facevo le pulizie di casa, al posto di mia madre che non voleva, per cui gliele dovevo fare di nascosto, quando avevo 25 anni e Veronica ne aveva 14, quindi, quest’ultima, non se ne fregava niente se venivano fatte; l’avversione della mamma nei miei confronti a questo riguardo, era a causa di una forte depressione in cui cadde al termine dovuta a diversi e prolungati dispiaceri famigliari che ebbe ad avere; e dove nel provvedervi io, per suo conto, soprattutto in nome dell’amore che provavo per lei, incontrai al suo pari, l’ostilità della stessa mamma, con Veronica che decise di servirsene di ciò, sin dal principio, per liberarsi definitivamente di me. Tant’è che un brutto giorno, in cui mi sorpresero con la scopa in mano che spazzavo “piano piano” alle 7.30 mentre loro erano state ancora a letto che dormivano, mia madre nel svegliarsi ad un tratto che mi sorprese, sbraitandomi dietro subito di seguito, e che a sua volta vide mia sorella pronta ad alzarsi appena dopo di ella, per poterla impugnare la tal vicenda a mio torto, mi picchiarono alla fine entrambe sospingendomi fuori dall’uscio in reggiseno e in mutande “perchè a loro dire la casa andava bene così!” (ovvero con dei cadaveri di scarafaggi sotto il divano per tutte le briciole di pane che mia madre mangiava senza un piatto sotto, e di cui si strafogava, lasciandole cadere a terra queste, senza poi spazzarvi intorno).

Fu per mezzo di, tal, siddette spiacevoli circostanze, che mi ritrovai a Bologna senza un soldo e un posto dove poter andare, abbracciando infine la mafia poiché essendo stata allora per giunta molto bella l’attirai a me inesorabilmente, dal momento che l’avvenenza esercita già di per sé una forma di potere sugli uomini; la quale cosa da parte di certuni che lo esercitano con una certa supremazia su tutti gli altri, mi doveva essere assolutamente tolta (come fecero in Italia, infatti, con la pornodiva Moana Pozzi, e l’attrice Antonelli che le uccisero pur avendo fatto credere che erano morte per cause naturali), e con la famiglia che avevo, questo sarebbe stato un gioco da ragazzi! VEDI PIU’ NELLO SPECIFICO CAPITOLO 44 DOVE NE PARLO PIU’ APPROFONDITAMENTE.

UNO DEI TANTI MESSAGGINI INQUIETANTI IN TEMPI RECENTI (SETTEMBRE 2018) CHE MI HA INVIATO MIA SORELLA VERONICA DI SEGUITO ALL’AVERLA IO CONTATTATA PERCHE’ NOSTRA MADRE PIANGEVA SEMPRE NEL NON SENTIRLA MAI; E NEL CUI TENTATIVO DI CHIAMARLA AL FINE CHE LA MAMMA CI PARLASSE UN POCO E SI TRANQUILLIZZASSE, MI AMMONIVA AL TERMINE DI NON CHIAMARLA PIU’, POICHE’SECONDO LEI NOSTRA MADRE RIUSCIVA ANCORA DA SOLA COL MOBILE, QUANDO INVECE LA CONTATTAVO  PER SUO CONTO PROPRIO PER IL FATTO CHE NE ERA IMPEDITA, A CAUSA DI UN DISTURBO COGNITIVO DI TIPO SUPERIORE CHE L’HA COLPITA;

E NEL CUI TESTO DEI MESSAGGI CHE MI HA INVIATO, DOPO LE SOLITE ACRI RIVENDICAZIONI DI POTERE DA PARTE DI QUESTA SORELLA, LE DICO DI NON OSTEGGIARMI ULTERIORMENTE NEI MIEI RAPPORTI CON LA MAMMA COME AVEVA SEMPRE FATTO  IN UN PASSATO,  DOVE SEGUE LA SUA RISPOSTA DI NON FARLO ALTRETTANTO, LA SOTTOSCRITTA MEDESIMA, CON LA STESSA; NONOSTANTE IO SIA DIVENTATA ORA PER LA MAMMA INDISPENSABILE E FUNGO DA TRAMITE CON IL RESTO DEI MEMBRI DELLA FAMIGLIA (CON MARTA, IL BABBO, ECC.); MENTRE INVECE ELLA NON PERDE OCCASIONE PER OSTENTARMI CONTINUAMENTE TUTTA LA SUA ARROGANZA PER MEZZO DELL’ADESIONE CHE SUSCITA SU TUTTI QUANTI ATTRAVERSO IL SUO IMPIEGO IN FIAT, ESSENDO UNA PERSONA CHE SI E’ REALIZZATA (MA GRAZIE A ME: E’ STATO ROMANO PRODI, INFATTI, AD AVERGLIELO FATTO TROVARE PER MEZZO DI ALCUNI UOMINI CORROTTI A MOLINELLA, IN MODO CHE SI ACCENTUASSE IL DIVARIO TRA ME E QUESTA SORELLA, SAPENDO LUI DELLE CONFLITTUALITA’ CON LA MEDESIMA!). NON A CASO,  QUEST’ULTIMA MI HA CHIAMATO TRE VOLTE A CASA I CARABINIERI SENZA RAGIONE QUANDO TRA ME E LA MAMMA C’ERA UNA QUALCHE TENSIONE  (ADDIRITTURA UN GIORNO CHE DOVEVO PORTARLA DAL NEUROLOGO, VERONICA MI FECE MANDARE AL MIO DOMICILIO UNA PATTUGLIA AL SOLO SCOPO DI REPRIMERMI POICHE’ NON GLIELA AVREI PASSATO AL TELEFONO SUBITO IN QUEL MOMENTO, NON AVENDONE AVUTO IL TEMPO PERCHE’ CI DOVEVAMO INCAMMINARE VERSO IL POLIAMBULATORIO E NONOSTANTE QUESTA COSA GLIELA AVESSI ANCHE PROVATA DI DIRE AL TELEFONO – VEDI JPG SOTTO -). IL TUTTO SEMPRE PER  METTERMI IN CATTIVA LUCE CON LORO A QUESTO RIGUARDO (DI QUELLI RIMASTI PULITI), COSICCHE’ IO SIA COSTRETTA A DARMI SEMPRE ALLA FUGA NON VENENDO MAI DA ESSI CREDUTA, PER IL RISCHIO CHE MI FACCIANO ALTRI TSO.

E QUESTA E’ LA MIA SORELLINA!! MA PRODI COME PENSI DI DISTRUGGERMI CON QUESTA MIA FAMIGLIA?? AT’SCKEZ ME!

L’ATTUALE COMPAGNA DI MIO PADRE, CHE E’ STATA SINDACO DEL MIO PAESE.

IN QUESTO DOCUMENTO VOGLIO FAR CAPIRE INVECE, CHE AGLI OCCHI DELLA GENTE, RISULTO ESSERE FIN TROPPO CURATA E CONTROLLATA NEI MODI (SETTIMA RIGA) PER POTER SUBIRE UNA COSA DEL GENERE, PUR RISULTANDO MANIERATA (MA VORREI VEDERE…)!

Ma appena trascorsi due mesi dal mio ritorno all’ovile, un nuovo nucleo famigliare di inquilini stranieri, che erano dei connazionali di quelli che c’erano stati prima e che andarono, questi, a sostituirsi agli altri precedenti, che si trasferirono in Gran Bretagna, per andare alla ricerca di un lavoro che qui non trovavano più (…??), iniziarono a rumoreggiare in condominio, assieme ai propri bambini, e a produrmi contemporaneamente degli odori sgradevoli, da fuori la loro porta, e dalle loro finestre, che tempo fa erano inesistenti (…??). Iniziai a lamentarmene sin dal principio, rivolgendomi sia alla Polizia Municipale che ai Carabinieri; i quali, ultimi, li calmierarono sì dal continuare a far baccano, ma non dal cessare di produrre i fetori, che anzi, peggiorarono con l’avanzare dell’estate, di quell’anno in corso (una stagione bollente al pari di quella del 2003). Il rito del “Ramadan” della religione d’appartenenza di costoro, che cadde nell’agosto di questo terribile anno, a me e a mia madre, contribuì a peggiorare il tutto, inasprendo ulteriormente i toni delle polemiche. I vecchi vicini di casa, sopra ai pakistani, e che erano sotto di noi, se ne andarono via da lì, con tutta probabilità (…??), per l’ambiente ormai insalubre che si era venuto a creare nella nostra palazzina; e in questo appartamento ormai vuoto di proprietà della famiglia in oggetto di bancari per professione, a solo un mese dall’arrivo degli stranieri, venne ad abitare una nuova famiglia di origine napoletana costituita da sette membri a cui glielo affittarono per soli 500.00 euro, nonostante fosse stato grande, circa 250 mq (…??).

La cosa bizzarra, fu appunto l’escalation di “disgrazie” subito dopo il mio rientro a Molinella, come se mi si volesse circondare pure qui, “alla tedesca”, per poi finirmi, la mafia, con il mio internamento psichiatrico in questione, ma che comunque non esclude la “perfetta” casualità degli eventi che si concatenarono, …

… CI MANCHEREBBE?!

ALTRE MIE SEGNALAZIONI AI CARABINIERI DI DISAGIO A CAUSA DEI NUOVI INQUILINI STRANIERI

I NUOVI INQUILINI CHE ARRIVARONO AD ABITARE A CASA MIA DOPO NEANCHE UN MESE CHE RITORNAI DALLA FAMIGLIA

UNO DEI TANTI DISAGI CHE DI RITORNO A CASA MIA MI FECERO VIVERE.

la loro merceria

Quella che è diventata la nostra porta dopo il loro arrivo

Altra loro merceria messa a cavallo del balcone

Quest’altre persone del sud, che erano ancor più rumorose di quelle straniere (…??), pretendevano che si tenesse sempre chiuso il portone d’ingresso per ovvie ragioni di sicurezza, senza affatto però considerare il miasma prodotto dai pakistani (una dozzina circa le persone che abitavano al primo piano) che era davvero insopportabile. Pertanto iniziarono gli screzi.

La new entry di famiglia del secondo piano assieme a quella del primo, cominciò – d’accordo con quest’altra – ad ogni mio tentativo di lasciare aperto il suddetto ingresso per poter arieggiarne il vano interno condominiale, a richiudermelo alternativamente dietro le spalle (da altre situazioni simili precedenti che avevo già vissuto in passato). Mentre i pakistani, allorquando rincasavo la sera, conoscendo ormai il mio orario, presero a salire e a scendere le scale del condominio proprio in quel preciso momento che dal balcone mi vedevano sopraggiungere nel cortile privato, allo scopo di lasciarmi il più possibile, la scia nauseabonda della propria pelle non pulita: la cui cosa, sapevano bene mi infastidisse, dandosi addirittura il cambio della guardia di ciò, poiché li sorpresi a ridacchiare fra di loro, sopra di esso a più riprese. Provai di chiedere aiuto a mia cugina, proprietaria della nostra casa, ma lei, volendolo addirittura vendere l’appartamento perché aveva bisogno di liquidità (…??), mi fu avversa sin dal principio, come del resto non fui sostenuta da una parte della famiglia (mio padre e mia nonna) che mi diceva io avessi dovuto sopportare la tal cosa.

Dacché sferratami quell’offensiva, risposi a mia volta, versando dell’olio di semi vari sul vetro anteriore della macchina dei pakistani, come pure dal mio terrazzo, sulle lenzuola stese fuori dei napoletani al secondo piano, ma questo, una volta solo dopo prima aver richiesto aiuto a chiunque delle persone incaricate.

Ero stata abbandonata da tutti, in primis dai miei famigliari che avrebbero potuto appoggiarmi, e difendere insieme a me questa causa peraltro giusta; invece, secondo il capo-famiglia, avrei dovuto subire passivamente e, di conseguenza, anche se da sola, andai avanti. Quella mattina maledetta, la donna napoletana con le braccia tese al cielo, come solo quella gente sa fare, appena rinvenuto il malfatto prese a invocare i Carabinieri. Perciò, creatosi un certo trambusto, mia nonna che ci abita accanto, avvertì sollecita mio padre dall’officina, che arrivò a casa prontamente; in breve tempo, sopravvennero i carabinieri, il personale della Municipale e quello dei servizi di Igiene Mentale del distretto (…??).

Orbene, mi trovavo con la mamma, sul nostro balcone al terzo e ultimo piano, che assistevo incredula a quello che “nel delirio” si stava consumando da sotto i miei occhi giù nel cortile, dove un pugno di uomini e di donne delle Istituzioni come alcuni vicini di casa, si era nel frattempo assiepato intorno a mio padre; il quale, con movimenti pacati delle braccia, “quasi stesse godendo”, spiegava molto probabilmente, come è suo solito fare di me, che io soffrissi di disturbi mentali (vedi denuncia di mia scomparsa da Bologna in cui afferma che io avrei un disturbo della personalità), ben consapevole del fatto, che nel suo ruolo di padre premuroso sarebbe stato certamente creduto. 

Questo discorso che fa il tal psicologo, la dice lunga sulla questione che chi fa o ha fatto terapia, come appunto feci io durante l’adolescenza, in verità, è quello della famiglia che cerca di rinvenire da una situazione assurda in cui gli altri componenti della famiglia continuano a convivere pacificamente.

Poi, l’epilogo feroce: iniziarono a salire quatti le scale come per braccare cautamente un pericoloso criminale e, intimandomi di aprire loro la porta, fecero infine irruzione in casa, prima cercando “benevolmente” di parlarmi; qualcuno asserendo che avrei gettato del olio bollente (…??), per arrivare a contestarmelo ben due volte dove in entrambe le circostanze, ne respinsi l’accusa. Quindi, soggiunsero, che non stavo bene, in barba al suo evidente contrario: l’estorsione dell’olio bollente, servì per convalidare la sevizia psichiatrica che mi attese.

A questa scena kafkiana, avanzarono verso di me lentamente ed infine venni “agguantata” da diverse persone, mentre io li scalciavo per difendermi da loro; e al termine, mi “siringarono”, una, due, tre volte, ma mia madre al mio risveglio, nella casa di cura psichiatrica di Villa Baruzziana a Bologna, mi correggerà dicendo, che me ne avrebbero fatte addirittura cinque di iniezioni pur di rendermi completamente inerme. Gli ultimi ricordi che ho ancora di quel giorno traumatico, prima di perdere i sensi, sono stati della mamma impotente che pesta i piedi a terra, come di un bambino che non è riuscito dai grandi a farsi ascoltare, visto che il marito l’aveva abbandonata. Il tutto, si consumò in questo modo, a causa della frustrazione di mio padre nei miei confronti perché “non lo considero” come invece le altre due figlie oltre che per il fatto che io gli sia scivolata da sotto i piedi, in quanto suo straccio, col quale si consolava delle nostre “un tempo” in comune, afflizioni cognitive, avendole la sottoscritta, le stesse, poi superate; e che di conseguenza si fece lui incetta di ogni mia malversità, nel tessere dei rapporti con alcuni soggetti corrotti delle Istituzioni pur di farmela pagare per questo fatto; ciò, senza neppure il sostegno delle sorelle, che anzi, per mezzo del mio infragilimento emotivo da terapia farmacologica forzata, faranno successivamente la loro brava politica famigliare a proprio stretto vantaggio. “I famosi parenti serpenti”!

Questo, è stato il tessuto famigliare e sociale che ha visto la mia mafia trovare in me terreno fertile. Dopo una convalescenza post-farmacologica di oltre sei mesi, mi ritrovai nuovamente ingrassata di cinque chili che dovetti perdere per l’ennesima volta. Era già la quarta volta in dieci anni che mi succedeva, e stavolta ne avevo piene le tasche (le smagliature sul mio corpo e in particolar modo il mio seno rilassato, assieme all’ovale del mio viso che è ceduto, lo documentano); ad un certo punto, però, me ne dovetti ritornare via da Molinella, per un altro intervento a casa da parte dell’USL di Igiene Mentale da cui ero solo da poco riuscita a slacciarmi con non poche difficoltà per la ritrosia del babbo. E dovuto il tutto ad un semplice diverbio con mia madre, che aveva visto mio padre far ad essi da tramite come al solito, e che per tale ragione gli assistenti sociali mi vollero per sempre a loro relegare, attraverso la forza pubblica, perciò fui costretta di nuovo a scappare. Era stato il giorno del mio compleanno e alla mamma avevo detto qualche giorno prima, che non volevo la torta o altre cose buone da mangiare perché ero finalmente riuscita a perdere due chili di quelli che mi avevano fatto mettere su col TSO. Ella, invece, mi prese sia la torta sia dei pasticcini, che per il nervoso di quanto sopra, buttai nell’immondizia. Così lei chiamò il babbo in officina, il quale contattò nuovamente i servizi di igiene mentale, che mi arrivarono a casa e mi costrinsero a fare un DEPOT (MA SI PUO’ SUBIRE DELLE COSE SIMILI PER QUESTE SCIOCCHEZZE?); ma non avendo avuto allora un soldo, fui costretta a riprostituirmi. Dimagrii 13 kg però, e mi feci le foto all’aperto che sono nella galleria del sito, come rivalsa a quello schiaffo inferto. Ma trascorso un anno che facevo ancora “la vita”, ebbi tutto ad un tratto, una folgorazione rispetto a quello che stava succedendo nel mio Paese: ero stata infatti testimone oltre che vittima della collusione del sistema, in quanto la mia mafia era la medesima, in merito a quello che mi accadde.

PDF DEGLI ATTI SANITARI RISPETTO AL MIO TSO A VILLA BARRUZIANA

PDF DEL COMMITTENTE CHE HA FATTO IN MODO CHE IL TSO A VILLA BARRUZZIANA MI FOSSE MESSO A SEGNO PER MEZZO DEI SUOI MAFIOSI (GLI INQUILINI, E I SANITARI DI BUDRIO)

Questo fatto, mi incoraggiò a riprendere in mano il mio libro, che avevo lasciato in stand by, anche se sapevo che non sarebbe stato semplice di proseguire, visto che già in passato me lo avevano impedito di redigerlo (vedi cap. Capitolo 2: Cronologia del mio sito e libro che non sa da farsi;; pertanto, nel mentre che continuavo a fare i miei massaggi erotici in un locale dove ricevevo, contemporaneamente a questo fatto parlavo ai miei clienti anche su quanto avevo sino in quel momento realizzato, essendo stata stalkerata a lungo da un mafioso di Prodi, e dai suoi compari (in quel periodo infatti essi mi avevano lasciato respirare un po’), trovandoli rapiti per quello che a loro svelavo. Ma parlando parlando, un giorno mi deve essere venuto a trovare un massone di questi, spacciandosi per un cliente normale (la famosa intelligence dei servizi segreti): trattasi di emissari del potente che hanno lo scopo di infiltrarsi fra la gente con fini diversi, per sussurrare ad egli che avevo ripreso a “cantare”! Cosicché, il mio lavoro cominciò da quel preciso momento a calare notevolmente da dover ritornare sempre più spesso a casa di mia madre, che avevo ripreso a frequentare per andare a mangiare da lei (non a caso venni beccata all’Esselunga di Santa Viola a rubacchiare del cibo, dove solo un anno prima facevo delle spese di almeno 20 euro al giorno per oltre dieci mesi!); conseguentemente, il mio testo si interrompeva di nuovo, in coincidenza anche di una crisi economica nel mio settore ad acuirsi sempre di più; confondendosi ora il confine sottile, se del mio calo di lavoro centrasse la mia mafia solita o quella invece di matrice comune d’appartenenza ad essa, e che era quella del sistema, proiettata però pure a tutta l’altra gente, che insieme a me era sulla stessa barca.

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