MAGGIO 2016: ULTIMA TORNATA DELLA PROSTITUZIONE AL MIO DOMICILIO

MAGGIO – GIUGNO 2016

Non appena mi ritrovai di nuovo per strada, contattai l’amica Maria che mi fece ospitare una notte a casa di un nostro amico comune, della quale dimora pure lei usufruiva. Ero felice che quell’avventura in convento, fosse finalmente terminata. Fu certamente una bella esperienza, ma gli orari dei pasti nel convento e di quelli di riposo così vincolanti, erano stati col tempo una vera e propria limitazione alla mia libertà personale; come ad esempio la colazione che ci veniva servita non prima delle 8.00 per poi pranzare subito alle 11.00, dopo neanche tre ore, mentre la chiusura del cancello per poterci rimanere al suo interno e avere la possibilità anche di pranzare, era per le 13.30. Quindi se uscivi, la mattina dovevi rientrare entro quest’orario, se no rimanevi fuori fino alle 16.30 quando li riaprivano nuovamente e dove di seguito si recitava il rosario e si faceva una sorta di merenda. Alle 18.00 si cenava e se ritardavi oltre le 19.00 – l’orario di chiusura definitiva dei cancelli della struttura – lo dovevi comunicare per tempo, nel quale caso ti mettevano da parte del cibo, come anche per poterci dormire al suo interno le dovevi avvisare le suore, se non facevi appunto in tempo ad arrivare entro quell’ora, perché ti venisse aperto anche dopo l’orario prestabilito il convento, salvo quando saresti rimasta fuori tutta notte che anche per la cui cosa, eri tenuto a metterle al corrente. Insomma come dicevo, una vera e propria preclusione col passare dei giorni dopo due mesi, alla piena espressione del mio stato libertino dalla natura profondamente selvatica, pertanto mangio quando ho fame, e alle cui rigide condizioni, posi rimedio uscendo sin dalle prime luci dell’alba, ovvero fin già dalle 6.00 – l’orario in cui le suore aprivano il cancello – mentre la maggior parte delle ragazze dormivano ancora, per poi rientrare nel tardo pomeriggio verso l’ora di cena.

Grazie “a chi non so più dire”, in quanto in quel periodo mistico della mia vita, essendo confluita in un ambiente religioso di tipo monastico, dunque era ciò al tempo di cui avevo proprio bisogno in quel momento, o del quale ero alla ricerca, avevo riabbracciato nuovamente la mia fede cristiana, di conseguenza si facevano esercizi di fede come rosari, ogni forma di Messa, prendendo parte infine anche ad un pellegrinaggio verso San Luca sempre con le suore (che avevo già fatto per ben tre volte nella mia vita con la nonna paterna e le sue amiche); per poi al termine di questo tipo di percorso dove mi scontrai con una fredda realtà, quella ovvero che anche il suddetto ambiente fosse impermeato dalla solita falsità e dalla consueta corruzione, fare mio un concetto dell’esistenza sempre più esoterico, dove le energie si fanno esse stesse tessitrici del destino medesimo di ognuno di noi. In questa circostanza, di puro raziocinio e se vogliamo di obiettività all’eccesso, rispetto appunto a quanto mi accadde, mi ritrovai finalmente ad avere un posto in cui prostituirmi in coincidenza della fine del mio soggiorno qui, e che era anche il periodo dell’avvicinarsi del mio compleanno; pertanto come regalo ottenni tra i vari contributi economici della mamma, del babbo e della nonna un qualche centinaio di euro da potermelo permettere questo, prendendolo nella vecchia formula “ad uso residence”, cioè pagandolo settimana, per settimana o talvolta anche per qualche giorno. Dico “finalmente”, poiché allora venivo da un periodo di prostituzione in cui andavo sempre solo fuori al domicilio del cliente o lo portavo in albergo, e per questa ragione si faceva sempre meno con la recessione economica. E dico anche così, perché ero pure ansiosa di riavere un posto tutto mio dove ricominciare in una vera e propria location; pertanto nel trovarmi alla fine di una fase della vita, quella del meritricio, desideravo analizzarlo questo aspetto della mia esperienza personale, una volta per tutte per l’ultima volta, in quanto fondamentalmente sono una filosofa che trova nei contesti più difficili dell’esperienza umana, la migliore istruzione sulla materia del comportamento sociale. Ed essendo a questo, pure un empirista, che misura la verità attraverso il proprio vissuto diretto in certe questioni, credo che tutto quello che mi è successo, non sia stato un caso ma che anzi rientri per l’appunto in questo mia particolare propedeutica alla stessa vita. Tutto questo, in realtà, benché nel mio cuore, desiderassi ritornare a casa da mia madre, visto anche i morti di fame di clienti che mi chiamavano, e che nel frattempo, con l’acuirsi della crisi economica, erano diventati pure arroganti e maleducati. E verso il cui periodo, volgevo definitivamente alla chiusura di un capitolo della mia vita.

Avevo cercato durante la mia permanenza in convento, di cercarmi un lavoro come colf, baby –sitter presso qualche famiglia dove rimanere 24 su 24, non avendo un luogo dove poi tornare la sera. Venni chiamata infatti, da tre persone diverse ma da ciascuna di queste non fui più contattata, nonostante le premesse incoraggianti iniziali, sull’esito di ogni colloquio che mi facevano sperare tutte le volte di averlo ottenuto l’impiego in questione. E dove al termine capii che c’era qualcosa che non andava. Pertanto a causa delle solite interferenze perché non avessi modo di sistemarmi con un occupazione seria, ero riuscita nel frattempo a trovarmi il suddetto appartamento che mi pagavo settimanalmente.

Matteo che era stato un mio vecchio cliente e che da poco tempo si era messo a fare un lavoro da autonomo, gestendo degli appartamenti ad uso turistico, che dava in affitto, di conseguenza mantenevo dei contatti con lui a questo scopo, mi telefonò un giorno per informarmi della possibilità di avere un seminterrato nella zona del Sant’Orsola; questo ragazzo, però, che come tutti quelli con i quali avevo avuto a che fare, fino in quel momento per l’utilizzo di location immobiliari per brevi periodi, era un vero stronzo, mi fece delle difficoltà continuamente non a caso. Un giorno fintamente scaglionato perché in teoria gli rompevo sempre i coglioni, pur pagandolo poi profumatamente, ma soprattutto falsamente indispettito in quanto aveva un debole per me, mi disse che il tipo che se la menava con questo appartamento al Sant’Orsola, senza dare mai all’ultimo momento la sua disponibilità, aveva un cellulare che mi avrebbe dato volentieri per chiamarlo io direttamente e così potermi mettere d’accordo con lui, direttamente. Dunque lo chiamai, e come preannunciatomi già dallo stesso Matteo, era un tipo strano, pure lui, non essendo stato questo mio informatore molto da meno del tipo in questione. E questo ebbi modo di constatarlo sin dal primo istante che ci conoscemmo. Infatti, la sera che lo contattai dopo essermi messa d’accordo l’indomani il giorno e l’ora in cui ci saremmo visti, il giorno seguente lo raggiunsi al posto e al momento concordato, dove si fece trovare assieme alla sua compagna che mi presentò in modo fiero, essendo stata ella una gran bella donna di circa qualche anno più di me. Era tutto intento a completare gli ultimi lavori di manutenzione in appartamento, dicendomi che sarebbe stato pronto per l’ora di pranzo (erano le 10.00 all’incirca), anziché darmelo subito come pensavo. Per tanto ci rimandammo a quell’orario dove nel frattempo io mi andai a fare un giro da qualche parte, non molto convinta dello strano contrattempo e soprattutto “impanicata” che l’avevo già pagato per tre giorni avanti che temevo non mi avrebbero ridato più indietro come soldi se non mi avessero aperta la porta e che era una caparra di 150 euro. Infatti, non mi avevo fatto consegnare in mano come garanzia il mazzo di chiavi per la paura che non me lo dessero fino alla fine, l’appartamento; ero infatti costretta a trovare un alloggio da qualche parte nel modo più assoluto, visto che mia madre non mi faceva tornare a casa mia. Invece con mia sorpresa mi aprì la porta, e mi fece pure un tiepido sorriso, sebbene la presa per il culo non fosse ancora del tutto finita, da bravo meridionale di vecchio stampo quale era costui; se ne stava infatti fino all’ultimo momento in mezzo ai piedi a lambiccare con un muratore e la sua compagna, perché a suo dire, doveva finire dei lavori nonostante io l’avessi già pagato per iniziarlo ad abitare. A quel punto mi spazientì dicendogli, che avrei voluto farmi una doccia, mentre lui rincarava la presa per i fondelli: “Ma se la faccia pure, mentre noi continuiamo…”. Dopo aver sbuffato in aria un paio di volte, riuscì finalmente a farli andare via, quando al quarto giorno mi attese una nuova sorpresa: ovvero quella domenica a venire, glielo avrei dovuto lasciare libero tutto la mattinata, da poterlo lui farlo vedere ad un possibile acquirente(!!). Gli dico: “Ok”, (non troppo convinta); però qualche giorno a seguire, ennesima “pippa”, stavolta da parte dall’altro strano: Matteo, che fungeva da suo intermediario immobiliare. Se cioè gli dessi dei cuscini che erano in più da me, per gli inquilini che abitavano vicino al mio di appartamento, che era pure quest’altro, del medesimo proprietario. Premessa: quando ne presi possesso di questo, non c’erano neanche le lenzuola per dormirci, che dovetti recuperare da qualche parte, e che Maria rubò lei in un negozio, sperando che la ospitassi! E che feci, ma non rispettando lei la mia igiene, ella se ne andò (briciole di pane, che si lasciava cadere a terra senza un piatto, ecc.)

E poi finalmente ebbi due settimane normali.

Ad un certo momento, però, in cui sembrava che il nostro rapporto d’affitto si stesse impostando in modo serioso, con una sorta di pseudo fiducia – pagandolo “io” regolarmente – successe che il proprietario mi telefonò un bel giorno per chiedermi “bello come il sole”, se di lì a due giorni glielo dessi a lui l’appartamento per poterlo abitare insieme a me per almeno quattro notti perché ne aveva bisogno (??), salvo naturalmente farmi pagare la metà. La sottoscritta medesima, gli disse che avrei preferito abitarlo da sola, lasciandoglielo a lui e mettendomi nella condizione di cercarmi un’altra sistemazione; e al termine, mi disse: “Va bene, allora mi ripagherà dal tal giorno in cui rientrerà”,

Ovviamente in quei giorni di nuovo fuori casa, non riuscì ad organizzarmi per portarmi i clienti in un albergo, perché non erano più quelli i tempi.

Fortuna fu per me, che in quel periodo d’inizio estate, cominciò a soffiare un vento subdolo, carico d’umidità, che per tutta l’estate imperversò e la caratterizzò. Avendo lì dormito per quasi un mese che era innanzitutto questo posto, un seminterrato, e quindi un posto umido dove non avevo potuto usufruire di vere coperte ma solo di lenzuola, mi presi un bel reumatismo. In questo modo finì al pronto soccorso dell’Ospedale Maggiore, e non appena ripresi possesso dell’appartamento, lo abitai per altri tre giorni senza stavolta più pagarlo come rivalsa a quella furfanteria, e dove il proprietario mi minaccerà successivamente con un sms che me l’avrebbe fatta pagare (premessa: lo pagai di oltre 1.200 euro in nero per una ventina di giorni che sono rimasta lì). Il dolore però si fece sempre più intenso, e ciò costituì il pretesto per invocare mia madre di riprendermi a casa. Lei lo desiderava in fondo in fondo, anche se aveva paura di quei parenti serpenti (mia sorella piccola e mio padre), che assieme ai Carabinieri di Molinella, ce lo avrebbero impedito in un qualche modo.

Il 21 giugno 2016 torno di nuovo a Molinella, dopo un esilio di circa cinque mesi da casa. Ma al mio ritorno nel paese d’origine, mi aspettarono nuove insidie. Questa volta, erano costituite dal dispiegamento continuo al mio passaggio per le strade del paese e di ogni luogo pubblico (supermercati, esercizi commerciali, posta, ecc.), delle consuete figure di persone “spettrali”, da parte di uomini corrotti col compito preciso di farmi del terrorismo psicologico, allo scopo di sembrare alla mia gente una ragazza turbata, in una specie di convalida di interdizione sociale al TSO inflittomi di pochi mesi prima e che mi era stato fatto dalla brigata di Molinella.

Fece, quindi, altri sei mesi da mia madre che incominciò a manifestare parallelamente a quel mio nuovo disagio, un accenno sempre più marcato di demenza senile, tanto da dovermene allontanare nuovamente, pur di salvaguardare la mia incolumità, visto che per colpa sempre della mamma, e della sua incipiente senilità, l’ultimo trattamento sanitario mi venne alla fine disposto a me, anziché aver preso delle precauzioni per lei.

Ma i mercenari del Re, una volta che ritornai a Bologna, perché fu mia madre che mi pregò in un atto di esasperazione di andarmene, dandomi questa volta qualche soldo (600.00 euro), iniziarono di nuovo a molestarmi nuovamente pure qui, per costringermi quindi a far ritorno a casa definitivamente.