NUOVA CASA A MARMORTA, NUOVO TERRENO DI MOLESTIE.

10 aprile 2024. Provo a ricoggere questo capitolo, quando non appena entro dentro il post suddetto, mi arriva questo signore a me vicino, per inondarmi di un infinità di click, click, clik, dopo avermi lanciato uno sguardo sapiente … e che la mafia, mi ha dispiegato non appena ha visto che lo stesso argomento trattato lo stavo cercando di mettere a posto

@sognandoamanda3

10 aprile 2024

♬ suono originale – sognandoamanda

Dopo un’ora, costui, era ancora lì a subissarmi di click, click, click…

Sorry, sono impedita dal metterci mano, e prima che sia leggibile, si dovrà aspettare ancora un po’ (avevo corretto solo fino alla 16 ° riga).

PRELUDIO

Un giorno d’estate, al bar di Marmorta, subito dopo, che ebbi finito di sistemarmi nella mia nuova abitazione in via Fiume Vecchio del paese in oggetto,

DOVE SI VEDONO LE CASE, SI TROVA IL NUCLEO URBANO DI MARMORTA.

verso la fine di luglio del 2019, nel chiacchierare con un avventore di lì, che era stato anche un mio vecchio compagno delle elementari, dove in classe mi rubava spesso le gomme da cancellare, e a frequentarlo lo stesso ambiente con una certa frequenza, venivo informata che se avessi voluto trovare un lavoro vicino a casa  mia, che gli avevo detto stavo cercando, sarei potuta andare alla SPREAFICO in via Stradone di Marmorta per la raccolta delle pere. La cui campagna della frutta sarebbe per l’appunto iniziata nel mese di agosto, che era giusto il periodo nel quale ci ritrovavamo ormai, per concludersi questa verso i primi giorni di ottobre.

DOVE C’E’ LA CHIESETTA, SI ESTENTE AL SUO FIANCO, IL TERRITORIO DELL’AZIENDA SPREAFICO

Ero già stata alla PATFRUT di Molinella – un magazzino frigo per la selezione delle patate e delle cipolle – per chiedere ad un altro mio ex compagno di scuola, ma stavolta delle medie, se stavano cercando qualche operaia, lavorando egli lì, da diversi anni, però quest’altro ragazzo di nome Andrea, mi aveva consigliato di andare direttamente all’agenzia interinale di Budrio, la “LAVORO PIU'”, perché da qualche tempo l’azienda in questione, assumeva per mezzo di essa. Indispettita da ciò, avendo già avuto a che fare nel passato con la corruzione di una di quelle agenzie, come per esempio la TRANKWALDER di via San Felice a Bologna, al tempo in cui stavo cercando un impiego come cameriera ai piani, della quale offerta di lavoro in una struttura ricettiva del capoluogo medesimo, in particolare, ero sicura, sebbene da questa fui rilegata invece, solo, a lavoretti di qualche ora in qualità di addetta mensa, dove mi si chiamava per giunta all’ultimo momento per chiedere della mia disponibilità, ad ormai “mafia inoltrata“, non c’ero dunque ancora andata, selezionando, io, quindi,  altre proposte di lavoro come il fare la badante, la colf e/o la baby – sitter che mi erano pervenute sul mio indirizzo di posta elettronica, previa domanda che avevo inoltrato con il computer nei vari internet point dove mi recavo per navigare su dei portali specifici di annunci economici; pertanto presi in esame un’offerta di impiego non molto lontana dalla mia zona di riferimento, che aveva come luogo di lavoro Vedrana di Budrio, e che prevedeva l’assunzione a tempo indeterminato presso una famiglia molto numerosa, il cui capo famiglia conduceva come il mio papà un’attività meccanica in proprio, nella quale avrei dovuto svolgere tutti questi tre compiti insieme; ma lo stesso padre di famiglia che mi aveva contattato sul mio telefono, lui stesso direttamente, per la gestione di questa sua intera prole, mi aveva cercato, in realtà, per ben altro: ovvero perché gli facessi da amante, in particolar modo, contemporaneamente all’assolvimento di tutto il resto.

Avrei dovuto fare da colf e da badante, alla moglie di quest’ultimo, affetta da una rara malattia di vecchiaia precoce, e insieme a ciò, intendermela al contempo con suo marito, preoccupato, sì, della sorte dei suoi cinque nipoti, di sua madre novantaseinne molto, ma molto in gamba assieme alla povera sua consorte, che avrebbe avuto certamente bisogno, di una domestica, ma contribuendo la mia persona, frattanto, a tradirla alle sue spalle, miseramente, col suo vecchio, tutto tabacco e affari: come di quelli dei suoi “gratti & vinci” dove investiva giornalmente banconote da dieci fino a venti euro, e che un giorno me ne aveva regalato uno o due, perché io vincessi qualcosa pur di cercare di attirarmi a sé; e il quale “soggetto”, sempre, quando teneva in mano una sigaretta, lo faceva come se avesse tenuto fra le dita un fiore prezioso. Mi faceva una gran pena e provavo un certo disgusto per codesto piccolo uomo!

Ma parallelamente al tutto, era di lì a breve, in corso d’esecuzione imminente, una terza puntura DEPOT, che mi avrebbe dovuto fare la psichiatra responsabile dell’U.s.l di igiene mentale di Budrio, e che sfuggivo oltremodo; la quale, era stata corrotta al fine di interdirmi sulle carte e contemporaneamente a questo stordirmi, sebbene non avessi fatto proprio un bel niente per meritarmela. E al cui trattamento psichiatrico stavo dunque cercando di sviare, disperatamente, come dicevo, perché oltre a fare stare malissimo a livello nervoso, in definitiva ero stata io quella che aveva subito un torto da qualcuno, e contro il quale soggetto che mi aveva a lungo disturbata, mi ero pure rivolta precedentemente alle stesse Istituzioni perché intervenissero (vedi cap. 35); infatti, fu la stessa sottoscritta a essere stata fatta segno da parte di alcune figure di Istituzioni colluse di Molinella (Sindaco, Comandante dei Carabinieri, ed ex della Municipale insieme al Prete) di alcune molestie che mi furono sferrate, di tipo premeditato, in modo continuativo, perché appunto coloro i quali, erano stati corrotti all’interno di esse, al fine di interdirmi in un percorso di giustizia per mezzo della sopracitata procedura, mi facessero al termine in questo modo capitolare: nell’ottenere costoro a furia di disturbi reiterati cui fui soggetta, che io uscissi alla fine dai gangheri per l’esasperazione, così da avere avuto in ultimo il pretesto, di potermela finalmente appunto disporre la suddetta misura preventiva; ciò, perché non si venisse, primariamente, mai a conoscenza fra i miei stessi compaesani, del fatto, che fossi stata stalkerata lungamente da un uomo di Prodi con il consenso di egli.

Così come pure per la ragione, fu spiccato il mandato alla Municipale della tal misura psichiatrica nei miei confronti da parte dei Carabinieri, perché le Autorità  di cui ho appena fatto menzione, sporcassero ulteriormente la mia reputazione, fra la mia stessa gente, al pari anche di un’accurata e sistematica “massoneria” senza alcuno scampo da certi miei concittadini; e i quali ultimi, furono presi da parte da costoro per abbracciarsi in armi con queste, perché sparlassero male di me in mezzo a quegli altri rimasti puliti al mio preciso passaggio vicino ad essi; il tutto, rispetto anche a quello che andavo inoltre raccontando sui delitti e sul malaffare dello stesso Potente nascostro, fra i miei conoscenti e i miei parenti, e di cui ero venuta a conoscenza da “sotto il torchio”, dopo molti anni passati quali sua vittima, affinché non fossi mai credibile a questo riguardo (vedi cap. ASCESA AL POTERE DI ROMANO PRODI).

Quali ad esempio, si annoverano fra questi massoni la parrucchiera Chiara Pasini di via Cesare Battisti che diceva in giro, io, fossi malata, e la cui madre di questa – la sig.ra Gerardina – (dove la mia mamma andava spesso a farsi la piega ai capelli, quando stava ancora bene e con la quale persona si sfogava dei suoi guai), recentemente, l’avevo vista girare su una macchina nuova. All’ugual guisa della Lia Tinarelli – una falsa amica sempre di mia madre – che pure lei, nel fingersi ciò che non era, ovvero una sua confidente, pur di avere informazioni sul mio conto dalla mamma, e al contempo infinocchiarla contro di me per mezzo di questa sua falsa premura verso di lei, ha poi fatto mettere a posto suo genero disabile, nel farsi da spia al nemico; oltre ad aver io notato il fatto alquanto bizzarro, che la medesima massona, assieme a suo marito, fecero in quel periodo molti viaggi all’estero, e dove al tempo in cui mi furono corrotti ce ne raccontava in seguito del cui poi esito, nel venirci  a trovare, e nonostante questi, erano, stati entrambi, due modesti pensionati, ex operi. Come lo sono di umili origini, del resto, i coniugi Farneti – altri nostri amici di famiglia del passato – che si sono comprati successivamente dopo una arguta massoneria nei miei riguardi, una grande e bella casa che neanche una famiglia ben nota di farmacisti del mio paese possiede. E anche questi altri, erano andati in pensione con una pensione da bidelli, insieme alla cosa molto dubbiosa pure per gli stessi soggetti, che anch’essi avevano fatto molti viaggi, all’epoca dei fatti, ma non si sa esattamente con quali soldi!

E i quali  massoni appena menzionati, erano stati coinvolti a dire la menzogna a mia madre che io la odiassi e che mi avevano visto a battere in via Stalingrado (una via famosa dove un tempo c’era un florido mercato di prostitute sulla strada), pur di farla preoccupare,  per poi una volta averle detto questo, averle dopo pagato una pizza sebbene la mamma fosse stata al tempo già un’obesa, e di seguito una diabetica, pertanto avrebbe dovuto rimanere sotto controllo; e non ultimo, in qualità sempre di massone, il Sig. Dario – un’abituale frequentatore del bar della Galleria di Molinella, dove c’era prima lo stabile dell’ex FIAT  e dove pullano molti altri massoni come lui di Molinella – . Come lo diventò, anche egli, un altro massone, e che rividi sempre in questo medesimo locale, una mia vecchia conoscenza: il figlio del muratore Totò e che abita con la sua famiglia a Durazzo. E che da quando aveva iniziato, questa sorta di “secondo lavoro”, per lo stesso scopo comune di tutti gli altri suoi “colleghi” precedentemente accennati, e che consisteva appunto nel condurre le persone ignare a non vedermi di buon occhio al mio passare davanti ad essi, aveva avuto stranamente da allora, sempre molti soldi in tasca. E con il quale denaro lo avevo visto offrire da bere a tutti quanti, come pure a me un giorno; contemporaneamente al curioso fatto di essersi fatto vedere insolitamente ben vestito, rispetto ad altri tempi in cui era solito ancora da “pulito” nella coscienza aver indossatto in genere abiti da muratore. Tutto questo, nell’identica modalità del mio vecchio compagno dell’elementari Fabiano Pozzetto del quale soggetto parlo all’inizio del capitolo, e che al bar di Marmorta come anche in questo qui di Molinella, dove ogni tanto lo avevo visto pure qua, a circondarsi, di “spalle” umane, nella sua opera di massoneria, lo ebbi a scorgere pure costui, a bere continuamente insieme a questi suoi presunti amici; e che era sovvenzionata la tal cosa, nel suo caso in particolare, da chi lo aveva incaricato a sparlarmi male dietro. Infatti, il tal vizzietto, lo stesso ragazzo non se lo poteva certo permettere, non lavorando egli, proprio per niente, ma che però nonostante tutto, lo si vedeva sempre a stare con un bicchiere in mano di alcool. E il cui sport di offrire da bere agli altri avventori, l’avevo visto infine fare al termine anche da lui a tutti quegli altri, però non saprei con quali denari (… ??); benché costui sia un noto ladro di biciclette del territorio, che viene reclutato dai Carabinieri di Molinella a rubare, e forse da loro finanziato in questo modo del lavoro svolto per conto degli stessi.

(DA QUI DEVO RICORREGGERE…)

… Forse dal buon vecchio comandante Caruso di Molinella che appunto li aveva foraggiati per mezzo delle risorse dell’Esercito, pur di far eseguire gli ordini che gli erano stati impartiti dall’alto: cioè appunto di sputtanarmi per non rendermi credibile a nessuno su quanto andavo dicendo dei crimini di Prodi; pertanto una volta che venni ad abitare in questa frazione del mio comune di nascita, il tal mio vecchio compagno d’infanzia qui ritrovato, che già all’elementari mi rubava ogni sorta di cancelleria, mi cominciò a fare quindi diversi dispetti tra cui il rubarmi la bici per poi lasciare che la ritrovassi da qualche parte grazie ad un mio collega di lavoro; oppure me la rovinava progressivamente oppure mi dava della “Puttana” dietro alle mie spalle (di questo sono stata informata da alcuni avventori del bar di Marmorta), subito dopo che me ne ero andata lontana dal bar. E che contemporaneamente al famoso trattamento psichiatrico in mano al despota di cui ho appena fatto menzione, e che mi infragilì sia psichicamente e sia fisicamente, da occultare per sempre ogni sorta di prova per cui mi abbracciai alla mafia, e che era stata appunto la mia avvenenza, non venissi mai poi più creduta su quello che andavo raccontando fra la gente che avevo appreso durante il corso di molti anni di molestie; infatti, il DEPOT fa male, e non bene come invece dicono le U.s.l  alla gente e in particolare ai familiari delle sue vittime che la subiscono, allo scopo che questa merda la si riesca a rifilare il più possibile al maggior numero di individui appartenenti soprattutto alla fascia “povera” della popolazione, per l’unica ragione di poterci su di essi guadagnare sopra (più Depot le U.s.l di igiene mentale praticano ai propri pazienti, più queste percepiscono dal governo dei denari per la gestione della loro stessa amministrazione); come è falsa l’idea che la tal cosa sia necessaria: non a caso, è il vecchio elettroshok in versione più blanda e prolungata dei giorni nostri, poiché queste iniezione cagionano dei veri e propri danni all’organismo (e solo noi che le subiamo, possiamo dirla questa cosa, non credete?), talvolta irreversibili se non addirittura mortali, facendo però di questi ultimi casi il silenzio (in America, ad esempio, dove la sua diffusione è più alta nella società, da molto più tempo, e pertanto, i suoi morti sono diventati nel frattempo una moltitudine, se ne sta parlando solo ora).

Pertanto al datore di lavoro di cui sopra, gliene parlai di questo fatto sperando che egli convincesse poi mio padre, imprenditore artigiano come lui, che era più preoccupato a debellarsi di me come una figlia ancora a suo carico che al mio stretto bene a non farmela fare la puntura; e che magari grazie a lui poteva forse farsi venire dei ripensamenti dal strapparmi per sempre dalle grinfie del dipartimento di salute mentale, in cui lo stesso papà mi gettava di frequente, se solo avesse trovato qualche d’uno che mi avesse dato un lavoro come in questo caso; ma stavolta mio padre non aveva più voce in capitolo, e anche il presunto tal datore di lavoro trovò impossibile la “fantascientifica” missione, pur di avermi tutta sua, di convincere sia un genitore poco risoluto in fin dei conti ad aiutarmi più di tanto a togliermeli dai coglioni i servizi, che quella ben più ardua di mission  e che consisteva nell’esularmi in modo definitivo dalle disposizione autarchiche del grosso drago dell’U.s.l. Tutto questo sarebbe poi dovuto avvenire grazie a certi suoi amici avvocati, coi cosìdetti, che diceva di avere e su cui poteva contare per aiutarmi nella mia vicenda. Al termine di un suo “Non c’é niente da fare: la devi fare la puntura!”, gli risposi con un “vaffanculo” a lui e a tutti quanti (avevo provato di chiedere aiuto persino a mia sorella maggiore che lavora nell’azienda di famiglia, perché convincesse il babbo a far causa all’U.s.l di Budrio, ma ella come era suo costume mi disse cinicamente che secondo lei mi trovava anzi meglio di prima, e che addirittura mi vedeva anche più magra quando in realtà ero visibilmente ingrassata); e mi calai nei tristi panni del fuori legge, percorrendo la Circonvallazione del paese in bicicletta, una volta che tornavo a casa da Bologna col treno, che dalla stazione passa per il cimitero nuovo e vecchio in direzione dell’ex zuccherificio, dove una volta a quell’incrocio svoltavo a sinistra per Marmorta indossando un foulard in testa assieme ad un paio di occhiali da sole che mi ricoprivano in parte il volto, oppure mettendomi un cappellino nero con la tesa calata sugli occhi; e lo stesso percorso in un’identica modalità lo facevo all’incontrario per l’andata verso la città. Ciò, per la ragione che i Carabinieri di Molinella (vedi capitolo 46 del mio sito) o non so bene chi di altri al posto loro (il mio nuovo avvocato e più giovane di me che mi ero scelta dall’elenco dei legali all’albo per il Gratuito Patrocinio, e corrottomi sul nascere perché non mi aiutasse apposta, dagli atti che gli avevo chiesto di recuperare avrebbe dovuto sapermelo dire, e mai questo lo fece RACCOMANDATA ALL’AVVOCATO ARIEMME) avevano spiccato un mandato di mia cattura per sottopormi ad un trattamento psichiatrico di due anni, perché alla fine dopo tante molestie che mi avevano fatto subire di proposito dal “mongolo” in bicicletta – loro mercenario – , al termine lo avrei colpito al busto con un mio braccio per potermene difendere da costui, sparandomi lui continuamente “qualcosa” da lontano di non ben identificato con un’arma a me sconosciuta in suo possesso, che mi arrecava delle strane contrazioni involontarie a livello addominale di tipo spastico; la quale colluttazione con il suddetto stalker avvenne alla presenza di alcuni testimoni, amici suoi e che si trovavano lì appositamente per essere a favore di egli, per mezzo di una trappola che mi avevano tesa certe figure Istituzionali di rilievo di Molinella in collaborazione con egli (il Sindaco Dario Mantovani, in sinergia col Comandante dei Carabinieri del paese Caruso, e l’ex della Municipale Pezzoli, del cui ultimo personaggio avevo già sporto una denuncia). Erano già riusciti a sottopormi a due punture DEPOT, che in soli due mesi mi avevano fatta ingrassare di quattro chili e oltre a questo, lo stesso trattamento, mi aveva irrigidito gli arti e la mia muscolatura lungo tutto il corso dell’estate, tanto che per la contrattura non riuscivo neanche ad addormentarmi se non prendevo un ipnotico; inoltre, insieme ai suddetti sintomi non riuscivo neppure a parlare in modo normale. E se da una parte non ero più inibita come prima dal relazionarmi con gli altri, dall’altra scoprivo di essere con non poco imbarazzo anche fin troppo disinibita con gli estranei; per non parlare dell’increscioso disagio psico – fisico di non riuscire a stare ferma un secondo, a causa di uno strano sintomo di tipo parkisoniano che la stessa medicina mi scatenava dentro. Pertanto quando prendevo il treno non ero in grado di stare seduta nemmeno un momento, ma dovevo camminare avanti ed indietro continuamente per smaltirlo il tal spasmo nervoso, con la curiosità peraltro giustificata dei passeggeri vicino a me. “Un vero inferno!”. Ma alla fine di luglio 2019, poco prima dell’imminente terza puntura, l’effetto di quella medicina svanì gradatamente, ed io non intendevo assolutamente sottopormi ad un’ennesima tortura di quel tipo, anche se il danno di avermi usurpato dalle mie seducenti forme fisiche appena rimpossessate subito dopo il ricovero di mia madre, me lo avevano di nuovo fatto. Quindi andai in albergo e vendetti qualche prezioso di mia madre, pur di avere i soldi per intrattenermi il più possibile a Bologna dove rimanevo  talvolta anche a dormire in un albergo, nell’attesa che una volta scattato il mandato di cattura per non essermi presentata più all’U.s.l di Budrio, e che durava 48 ore, non potessi ancora venir perseguita come da formalità in cui si muoveva in questi casi la Municipale di Molinella. La quale, se mi vedeva per il paese mi avrebbe potuto sicuramente portare nella sede dell’U.s.l a Budrio, con una loro volante oppure con l’autoambulanza, come infatti accadde per le prime due punture che cercai di sfuggire senza riuscirvi perché non ne conoscevo la procedura burocratica; di conseguenza, per tutto il mese di agosto trascorsi il mio tempo a raccogliere i documenti della pratica per il risarcimento dei danni da un investimento di un auto che avevo subito il 16 di giugno 2019, poco dopo la prima puntura che mi era stata fatta, e ad essere stata essa la vera causa dello stesso incidente stradale, nell’avermi infatti abbassata questa medicina, lo stato della vigilanza: non per caso, nella prescrizione medica della sostanza iniettatami, tra i tanti e deleteri effetti collaterali del farmaco in questione, era contemplato pure quest’ultimo, pertanto si raccomandava di non mettersi alla guida di veicoli.

Mi ero pure informata da una qualche Assicurazione, come appunto la TOSSANI, se potevo far causa anche alla U.s.l di Igiene Mentale di Budrio Scandalo dell’usl che si avvalgono di avvocati di fiducia, anziché di quelli al proprio interno, con le casse del pubblico, oltre che al guidatore che mi investì; ma in materia psichiatrica queste istituzioni private, vanno in generale coi piedi di piombo, essendo una cosa un po’ più difficile da riscontrarne qui un danno oggettivo. A tal riguardo, qualche mese prima, quando scoprì della perizia psichiatrica fasulla che mi era stata disposta dalla Procura per mezzo di un suo CT, di seguito alle continue denunce di violazione al mio domicilio che feci a San Lazzaro di Savena nel 2001-2, mi ero recata da un avvocato dell’assicurazione di cui sopra, con sede in centro a Bologna per chiedergli delle informazioni al riguardo, contemplandomi egli, in quella remota vicenda il reato di abuso d’ufficio,  perseguibile unicamente però, qualora io avessi saputo fornire delle prove inconfutabili che non mi trovassi là da quello stesso psichiatra famoso, il giorno della presunta mia convocazione presso il suo studio. Avevo scoperto dagli atti che era stata il 19 di maggio del 2003, il giorno del mio ventinovesimo compleanno, credo per cui penso sia stato improbabile che fossi andata da uno psichiatra in una data simile; e ricordandomi bene infatti che alle ore 18 del trentesimo compleanno, vennero le mie due sorelle con la mia mamma a vedere prima la mia nuova casa a San Lazzaro che ancora non avevano avuto modo di guardare, per poi andare a mangiare tutte insieme la pizza al CASALE del medesimo paese in oggetto. E durante lungo il corso dell’intera giornata mi ero, invece, occupata di andare a ritirare il mio vestito rosa (quello nella foto della pagina “massaggio a piuma e digitopressione nel menù della tendina) che indossai quella stessa sera e che mi comprò mio padre per l’occasione in una boutique di lì, dopo prima aver pulito la mia abitazione; sebbene allora fosse stata ancora abbastanza spoglia per le ragioni di cui sopra,  ovvero per il fatto che qualcuno mi entrava in casa, arrecandomi dei danni al suo interno. Sicuramente, non avevo trovato anche il tempo di andare pure da uno psichiatra in un giorno di mia festa! Purtuttavia di ciò non avevo nessuna prova, poiché i parenti valgono zero come testimoni che avvalorano la tua versione in un processo, insieme alla cosa che quando venni a conoscenza di questa perizia erano ormai passati troppi anni, essendo scaduti per sempre i termini di cinque anni, credo, per poterla impugnare la tal causa. Quello che feci, quindi, fu solo una controdenuncia che se non viene impugnata da un avvocato finisce nel dimenticatoio. Ed anche qui io stavo messa piuttosto male, visto che mi potevo permettere solo i legali del gratuito patrocinio che non fanno mai il tuo interesse, ma quello appunto del Comune che li retribuisce. Ad ogni modo, quella perizia si fece terreno di tanti altri trattamenti psichiatrici che mi vennero disposti in seguito e questo poteva venire invece perseguito legalmente, ovvero la questione dei danni fisici e morali che la suddetta cosa mi cagionò nel lungo termine; ma pure qui non avevo proprio la famiglia a testimoniarlo questo, dal momento che era stata proprio la medesima ad essersi fatta da tramite con le stesse Istituzioni corrotte perché me li attuassero per via di conflittualità varie interne ad essa. Tutto ciò senza una vera ragione! Dunque era qualcosa di impraticabile.

Ma dopo l’incidente, e quella assurda misura cautelativa che era stata disposta contro di me dai Carabinieri di Molinella, dopo prima avermi fatto a lungo molestare gli stessi militari, da un loro mercenario, mi imbracciai in armi a combattere di nuovo. Così mi comprai un bel librone sulla responsabilità del medico che intendevo leggere, che purtroppo però non sono ancora riuscita a fare a causa di questi miei nuovi inquilini a Marmorta, che sembrava me lo volessero impedire apposta pure loro con rumori vari, come avevano fatto quelli di Piazza Martoni.

Nel frattempo, in quel mese di luglio che correva, era saltato fuori dalla rete, un presunto possibile mio cliente che però divenne un amico; il quale, si appassionò al mio caso, e particolarmente alle mie vicende psichiatriche descritte nel mio sito. Leggeva ogni mio capitolo nuovo e mi seguiva su questo blog fedele, incoraggiandomi a non mollare perché anche lui, come me, era impegnato socialmente a combattere queste nuove torture psichiatriche che sono quelle di sempre degli ex manicomi, ma che a differenza di quelle del passato, hanno solo cambiato faccia. Tuttavia quando si era reso conto che a quest’ultima morsa cui ero stretta, ne avevo un’altra ancora ben più subdola e nascosta, benché ampiamente documentata nel mio lavoro di questo sito, senza però venir ben concepita da nessuno, e che era appunto quella della mafia, che ebbe sì a leggere ma che non misurò mai prima di allora direttamente sulla propria stretta pelle (dovette essere al termine stato contattato anche lui), come l’altra (aveva fatto sì del volontariato all’Istituto Roncati, dove un tempo tenevano i matti), solo dopo a questa esperienza in cui ebbe provato di organizzare una qualche conferenza in merito su tale materia tanto delicata, avendo la gestione di una catena di ristoranti in cui ogni tanto organizzava di questi eventi, e nella quale, la psichiatra relatrice che si era resa disponibile in un primo tempo a parteciparvi e che la avrebbe dovuta tenere in piedi, non si faceva più tanto trovare di seguito ad aver egli conosciuto poi me, e contemporaneamente a questo ad aver provato anche di prendere altri contatti che gli sfuggirono dalle proprie mani allo stesso modo, (tentò di vedersi con degli Illuminari dell’Università di Ferrara senza ottenere la loro attenzione tanto prodigata in merito alla battaglia contro le sevizie psichiatriche)… bè solo a questa presa di consapevolezza cui aveva fallito per colpa mia perché avevo appunto la mafia, si allontanò per sempre da me freddamente.

Sempre in quello stesso mese, infatti, andai da una psichiatra che mi scelsi su internet – la dottoressa “Nobili” – , affinché mi facesse una certificazione apposta per potermi slacciare dall’U.s.l e venir seguita da ella. Ci sarei andata solo per quello: togliermi dai coglioni i servizi di igiene mentale, e non perché ne avessi avuto davvero bisogno. Così mi aveva consigliato quell’avvocato del Gratuito Patrocinio che mi ero scelta per poter dapprima rinvangare una vecchia domanda che aveva ottenuto un primo accoglimento dalla Corte dei Conti e che mai avevo ancora impugnata, seriamente, su di un contributo di mantenimento da parte di mio padre in mio favore. Ricordo che era un giorno di maggio quando lo contattai al telefono per poterci incontrare e parlarne di persona, che subito dopo una breve conversazione decidemmo di vederci subito, poco lontano dal suo studio, davanti alla chiesa di San Domenico in Piazza dei Tribunali. Quella prima volta che ci vedemmo era una bellissima giornata di sole ed io mi ritrovavo nuovamente molto sicura di me, pur sapendo bene ormai, che qualsiasi azione legale avrei intrapreso contro mio padre, la mia mafia me l’avrebbe fatta fallire sul nascere. Ma volli spudoratamente ignorarlo questo fatto, forse appunto, per via di quella bellissima giornata! Il ragazzo appena trent’enne, se ne stava a fumare dall’altra parte della strada sul marciapiede, difronte all’edificio religioso menzionato e che attraversò per venirmi incontro, non appena ci riconoscemmo con uno sguardo. Imbarazzata a quei convenevoli formali, sotto gli occhi di tutti e soprattutto di quelli della mia mafia, riuscì a trasformarla in semplice timidezza. Non credevo da molto tempo nella giustizia e negli avvocati, ma finsi di sì, così gli parlai di quella causa che volevo intraprendere contro il papà, perché aveva messo la mia mamma per un suo stretto interesse di non volerla più mantenere, in una casa famiglia senza che io fossi d’accordo, mettendomi conseguentemente me nella condizione di non avere più una dimora; il tutto, non raccontandogli anche dei maltrattamenti psicologici subiti sempre dal babbo, in quanto volevo apparirgli una persona normale che aveva avuto dei semplici problemi famigliari, pur di ottenere da questi, la sua assistenza, ma sapendo bene che una volta contattato dalla mia mafia, non avrebbe fatto più i miei interessi. Non mi curavo di ciò, ma solo che imbastisse per me una serie di azioni legali o che producesse degli incartamenti al fine di avvicinarmi ad uno spauracchio di processo. Quello da cui, invece, la mia mafia, mi voleva tenere lontana il più possibile, perché non saltasse fuori tutto, attraverso questa causa. Mio padre, per conto degli adepti della mafia, doveva rimanere pulito nel cospetto della legge, perché era stato lui con la sua frustrazione nei miei confronti, ad avermi dato in pasto ad essa, e che sfruttarono quindi a proprio vantaggio. Pertanto, dopo aver simulato questa vaga normalità di circostanza, ci salutammo al termine, assicurandomi questo giovane avvocato, la sua presa in carico del mio caso. E mentre lui mi girava le spalle per dirigersi verso il Palazzo dei Tribunale, nel voltarmi a mio seguito per andare dalla parte opposta alla sua, scorsi all’ombra del cortile davanti alla chiesa, un uomo bieco che sorrideva arcigno con in bocca un sigaro e che mi guardava fisso da poco lontano negli occhi senza mai staccarli da me come fanno i mafiosi, per volermi comunicare il suo imminente pronto intervento ad impedirmi di cantare attraverso la corruzione anche di questo legale; che infatti, la volta seguente che ci vedemmo nel suo studio, in via Arienti e che ha un nome simile a questo indirizzo, aveva già stampato in volto il solito ghigno complice di chi è stato ormai corrotto, e insieme a ciò mi sottopose alla solita tortura psicologica, della pulizia del suo viso con le proprie  mani, per poi con le stesse toccarmi i miei documenti, come da protocollo, della cui cosa la mafia conosce bene il mio fastidio. Disse che ci avrebbe dato un’occhiata, ma quel giorno che ci vedemmo lo avevo già provato di chiamare qualche ora prima per poter anticipare il nostro appuntamento, e non facendosi mai lui trovare, se non grazie a dei vigili urbani che si trovavano poco lontano da me; e ai quali chiesi aiuto nel chiedere ad essi se me lo chiamassero loro per me con il proprio di cellulare, e a cui non a caso a loro lui rispose. Capivo bene, che se non mi riusciva nemmeno di contattarlo per spostare un semplice appuntamento, non avrei avuto tanta udienza, lo stesso. Pertanto mi scoraggiai in un primo momento, ma non vi rinunciai da subito. Poi venni investita dall’auto, e mentre la denuncia che avevo preparato contro mio padre e in cui l’avvocato non vi ravvisò stranamente alcun reato, assieme a quella contro le forze dell’ordine di Molinella in particolare contro Caruso, della quale disse che era meglio starsene buoni (…??), e il cui personaggio aveva fatto in modo di allacciarmi di nuovo ai servizi di igiene pur di interdirmi, non suscitò in lui il minimo interesse, quella di questione del risarcimento danno incontrò invece, un suo accorato sentimento di affidarmi con fiducia ad egli e alla sua esperienza, provenendo questi proprio da quel campo lì. Mi domandai quindi se questa cosa, non fosse dovuta altro che al fatto di togliermeli ancor più dalle tasche i miei denari di quelli che avrei potuto intascarmi, oppure perché qui c’era un certo guadagno sicuro anche per lui. Mi mandò tanti di quei messaggi confusi, avvalorati anche dalla sua assistente poco lontana da noi, che mi guardava con la coda dell’occhio come fosse stata complice pure lei di quella mattanza e che contemporaneamente mi comunicava la sua curiosità di volersi abbeverare il più possibile di me e in particolare di cosa dovesse significare essere una vittima di mafia nell’osservarmi vorace ed insieme divertita, e del cui suo guizzo conoscevo bene quale sguardo, quelli di altri prima di questa persona, un vivido segno della corruzione certa anche di questo legale e che alla fine non contattai più, passando da un’assicurazione qualsiasi, ma molto più convincente di egli e alla quale mi affidai con la mia consolidata rassegnazione di partenza.

Ma ritornando a parlare della psichiatra “Nobili” che mi fece spendere inutilmente cento euro, perché solo una volta dopo che ebbimo ad incontrarci all’appuntamento, mi disse serafica che lei non prescriveva più medicine ai pazienti da diverso tempo, poiché si era dedicata di recente unicamente alla psicoterapia, non potendomi quindi aiutare a farmi fare quella certificazione famosa, fui trattata dalla medesima per giunta con una certa distanza; pertanto avrei dovuto prendere una nuova prenotazione, e dunque spendere altre cento euro da uno specialista che questa cosa sarebbe stato disposto a farmela, se ne era abilitato; così da averla tanto voluto mandarla a cagare mentalmente, pensando di contraccambiarla del tal schiaffo morale mettendo una brutta recensione sul suo conto per mezzo della stessa rete, da cui la trovai. E pensare, che per pagarmi quel maledetto appuntamento con ella, avevo venduto persino una collana d’oro di mia madre che fino all’ultimo avrei desiderato conservare per me. Alla fine del nostro tempo a disposizione, mi accompagnò alla porta con quella freddezza medica tipica che solo certuni di questi psichiatri hanno; i quali non la sentono proprio la professione che esercitano, ma che però ci lucrano sopra sulle disgrazie degli altri. E a questo, dall’alto del suo temperamento algido e con le sue collane da gran signore della società, quasi fosse stata la scienziata Montalcini, che mi sta mille volte più simpatica, in quanto questa almeno è umana oltre ad essere umile come persona, mi salutò al termine congedandosi da me in modo freddo, che provavo invece io di rivolgerle un sorriso, di circostanza, pur non meritandoselo affatto il mio calore; e per giunta sapendo della sua sicura corruzione (dato che le avevo parlato della dottoressa Mennino di Budrio, spendendo questa per lei dei commenti un po’ troppo lusinghieri a prescindere)

Passai in rassegna quindi a prendere un altro appuntamento con una altra sua collega, e che quando la vidi, la riconobbi come l’assistente del dottore che mi aveva seguita a Villa Barruziana. Al tempo, di questa persona, ebbi avuto una buonissima impressione nonostante il trauma violentissimo che subì in quel periodo. E fu per questa ragione, che cercai di convincerla a farmi questa benedetta certificazione pur essendo stata lei stessa inizialmente molto perplessa. Ma riuscì a portarmela dalla mia parte, dicendomi al termine: “Me ne occupo io”. Purtroppo si era a ridosso dell’inizio delle vacanze, ed ella di lì a qualche giorno sarebbe dovuta partire per una vacanza. Mi disse che aveva provato di telefonare alla dottoressa Mennino di Budrio prima delle sue ferie per fermare la misura repressiva della terza puntura, ma che non era riuscita a trovarla per cui al termine senza mettersi con lei prima d’accordo, aveva dovuto lasciar perdere. La dottoressa Mennino, invece, in seguito mi dirà che aveva sentito il suo messaggio in segreteria e che aveva provato di contattarla senza riuscire a trovarla, mentre questa nuova psichiatra mi dirà:”Non è vero!”.

Quindi la contattai da dove stava in vacanza che così mi rispose